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Vi racconto una cosa su Mattarella e il fare opposizione

E’ da qualche giorno che voglio raccontarvi una cosa su Sergio Mattarella. Dal ’98 al 2001, sapete, Mattarella era stato ministro della Difesa. Poi nel 2001 aveva vinto la destra, io lavoravo al giornale della Margherita e così, in quei successivi cinque anni di opposizione, ogni volta che capitava qualcosa di relativo a questioni militari, internazionali, diplomatiche, per sapere cosa pensasse l’opposizione il mio direttore in riunione di redazione inevitabilmente (e logicamente) diceva: “Intervistiamo Mattarella”.

E siccome in quella redazione ero io più o meno l’addetta al pezzo politico di giornata, alla Margherita, all’Ulivo e ai democristiani, lo diceva guardando me.

E allora io alzavo gli occhi al cielo e telefonavo/mandavo un messaggio/andavo alla camera a cercare Sergio Mattarella. Ma la risposta la sapevo già, perché era sempre la stessa. “Cara Chiara, parlo volentieri con te e con Europa di tutto quello che ritenete. Ma assolutamente NON di una materia come questa, che riguarda il mio precedente incarico da ministro”, mi diceva con la consueta inflessibile cortesia. E io doverosamente, e pensando alla faccia che avrebbe fatto il mio direttore, insistevo e trattenevo parolacce e dicevo ma presidente (lo chiamavo così perché era stato capogruppo), ma scusa, ma se non le chiediamo a te queste cose ma a chi le chiediamo? Ma chi ce le deve dire? E lui, inossidabile: “Temo proprio che non sarebbe opportuno né elegante”.

Mi viene spesso in mente, Mattarella. Io pensavo che fosse un po’ esagerato, al limite dell’autolesionismo, questo scrupolo. E a dirla tutta lo penso ancora: eccheccavolo. E tuttavia, di fronte a certi accanimenti ossessivi che vedo in giro, mi è venuta voglia di raccontarvi questa cosa su Mattarella, e sul fare opposizione. Parlando così, in generale.

Il congiunto e il congiuntivo (breve nota triste)

Io lo so, che #sichiamavaPiersanti. Lo ricordo ogni sei gennaio. Ho scritto più articoli su Piersanti Mattarella di buona parte dei miei colleghi. Ho lavorato, per scelta, al Popolo e a Europa, giornali che il sei gennaio la pagina su Piersanti la facevano anche prima, quando Sergio non era ancora presidente. Ho intervistato i suoi amici, ricordo nitida nel dire la portata storica, politica, generazionale di quell’omicidio allora un po’ finito in ombra, Maria Eletta Martini.

Ho letto la sua biografia, scritta da Giovanni Grasso, oggi portavoce del presidente della Repubblica. Sono stata alla presentazione del libro al senato, c’era Sergio Mattarella e c’era Pietro Grasso, non solo come padrone di casa: Grasso era il magistrato di turno a Palermo quel sei gennaio, arrivò lì d’urgenza quella mattina e poi condusse per anni le intricate e ancora oggi parzialmente misteriose indagini. Ho letto altri libri, sul ruolo della mafia e non solo della mafia nella morte di Piersanti. Continua a leggere

Referendum: ma siamo sicuri che sia la vittoria del Sì a garantire stabilità? (No)

Ho scritto questo per i giornali locali del gruppo l’Espresso (Il Tirreno, La Gazzetta di Mantova, Libertà, Il Mattino di Padova, Il Piccolo, La Gazzetta di Reggio, La Gazzetta di Modena, Il Messaggero Veneto, La Nuova Sardegna, La Nuova Venezia e altri).

Aveva destato qualche stupore il fatto che ultimamente Matteo Renzi avesse cominciato ad alludere agli scenari successivi a un’eventuale vittoria del No. È bastato attendere e il motivo è diventato chiaro: gli ultimi sondaggi consentiti prima del silenzio preelettorale rendono quella della bocciatura della riforma Boschi un’eventualità non ignorabile, ed è assai verosimile che il premier quei sondaggi li conoscesse da qualche giorno. Tuttavia la drammatizzazione dello scenario post vittoria del No, da parte di Renzi, è indubbiamente anche una tattica per recuperare il consenso che in queste ore sembra sfuggirgli. Evocare un quadro di instabilità può servire a parlare alla “maggioranza silenziosa”, quella massa di indecisi poco politicizzati e poco interessati ad approfondire il merito della riforma che, pur non disposti ad arruolarsi in un plebiscito pro-Renzi potrebbero temere le incertezze di un eventuale e imminente post-Renzi.
Ma è proprio vero che la vittoria del No porterebbe instabilità? Continua a leggere

Mattarella, l’umanità di un presidente adeguato

Ho scritto questo per i giornali locali del gruppo l’Espresso (Il Tirreno, La Gazzetta di Mantova, Il Mattino di Padova, Il Piccolo, Il Centro, La Gazzetta di Reggio, La Gazzetta di Modena, Alto Adige, Il Trentino, Il Messaggero Veneto, La Nuova Sardegna, La Nuova Venezia, La Città di Salerno e altri).

Nessuna dichiarazione alla stampa, o meglio nessuna dichiarazione e basta. Nessuno sguardo in favore di telecamera, mai. Sergio Mattarella ieri ha attraversato la tragedia del terremoto alla sua maniera: niente addetti stampa, zero retorica, zero – apparente – comunicazione. E la gente lo ha applaudito quando è sceso dalla macchina nel piazzale della palestra di Ascoli Piceno dove stavano per cominciare i funerali di stato. Sarebbe già molto di questi tempi: applausi per un politico, e per un politico che non fa niente per rendersi popolare. Ma era solo l’inizio: dopo sono stati abbracci, lunghi, parole sommesse, tutto un modo di essere e di esserci durante la cerimonia. E poi, nei tg, la passeggiata mattutina tra le rovine di Amatrice e di Accumoli, il “grazie” sussurrato e ripetuto ai volontari e alle forze dell’ordine, le carezze ai bambini. In tanti, davanti alla tv e sui social network, hanno percepito, forse per la prima volta, la personalità dell’uomo del Quirinale. Anche i detrattori del presidente dei molti silenzi e delle parole, quando ci sono, quasi impercettibili (è vero, è il suo modo di parlare) hanno sentito qualcosa. C’è chi ha parlato di “grazia di stato laica”.  Continua a leggere