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Rassegna Quirinale/7: i 101

A una settimana esatta dal primo voto, Stefano Fassina – probabilmente esasperato dalle minacce e dai richiami alla disciplina di maggioranza che continuano ad arrivare da pulpiti non sempre titolati – riporta sotto i riflettori il grande rimosso della vita interna del Pd: la vicenda che determinò l’eccezionale rielezione di Napolitano e su cui si concluse drammaticamente la segreteria Bersani.
Secondo Fassina, che come sa chi lo conosce può sbagliare ma sempre per eccesso di generosità e buona fede, “non è un segreto” che fu Matteo Renzi il capo dei 101. La dichiarazione spopola sui giornali di oggi, ma a chi scrive pare che il clamore sia eccessivo. I fatti successivi agli eventi dell’aprile 2013 illuminano con una certa chiarezza quanto è avvenuto. Continua a leggere

Un anno (bellissimo) di Giorni bugiardi

Un anno fa, il sei novembre, è uscito il nostro libro, Giorni bugiardi. Senza un complice come Stefano Di Traglia io da sola non avrei mai avuto il coraggio, per cui va a lui, oggi, il primo grazie.
Il secondo va a Pier Luigi Bersani, per la sua “non contrarietà” iniziale e poi per la sua guardinga e divertita disponibilità. E per le birre del pomeriggio, che aiutano a chiacchierare.
Il terzo ad Alessio Aringoli e agli Editori internazionali riuniti che ci hanno creduto insieme a noi.
Il quarto a Ivano Fossati che ci ha scritto la colonna sonora a sua totale insaputa.
Ma oggi volevo dirvi che in questo anno siamo stati, Giorni bugiardi e noi:
su tutti i giornali, grazie fra gli altri a Fabio Martini, Stefano Folli, Aldo Cazzullo, Pietro Spataro, Mariantonietta Colimberti, Wanda Marra, Tommaso Ciriaco
a Che tempo che fa grazie a Massimo Gramellini
a Roma, col presidente del consiglio Enrico Letta (grazie!) e la diretta Sky Continua a leggere

Larghe intese, quegli scoop senza logica

Ho aspettato un bel po’, perché se hai scritto 250 pagine poi non è che può succedere che intervieni per commentare chi le commenta. Però scusatemi, c’è un limite. Troppa gente che non ha letto, troppe teorie senza senso. Ieri sera, alla presentazione di Giorni Bugiardi, non è stata rivelata nessuna storia inedita sulla nascita del governo di larghe intese. E arrivati a  un certo punto la fantasia di molti, in gran parte dichiarati “non ancora lettori” del libro mio e di Stefano Di Traglia, sta galoppando fino a raggiungere livelli francamente offensivi.

Per cui, una volta per tutte: non ha alcun senso la versione secondo cui Bersani avrebbe fatto finta di voler formare un governo di cambiamento solo per poi poter fare digerire alla gente del Pd un governo con Berlusconi. Se Bersani avesse voluto un governo di larghe intese, lo avrebbe fatto lui, accettando le offerte del Pdl e le pressioni di gran parte degli osservatori: è incredibile doverlo ripetere tanto è chiaro, ma Bersani ha rinunciato alla presidenza del consiglio, lo ha fatto in maniera limpida e pubblica, pur di non fare un governo di larghe intese. E se anche Bersani avesse voluto un governo di larghe intese fatto da un altro, non avrebbe avuto alcun bisogno di costruire le cose in quel modo, sopportando offese e critiche malevole e finendo tradito e dimissionato da chi evidentemente proprio per le larghe intese lavorava, e quindi contro di lui, contro la sua segreteria e la sua leadership. Chi sostiene queste cose dice assurdità prive di senso logico.  Continua a leggere

Selfie-auguri per oggi

Oggi presentiamo Giorni Bugiardi. A Roma, al Tempio di Adriano, alle 18. Se non siete a Roma, dovreste poterci seguire in diretta su Sky active e anche su Youdem. Vorrei che ci foste tutti però. Vorrei vedervi arrivare a riscaldarmi il cuore come una canzone di De Gregori. Guardarvi mentre vi avvicinate uno per uno. A passo d’uomo.

Giorni Bugiardi, Stefano Folli e un pensiero di quand’ero ragazzina

Scrive oggi Stefano Folli, in una bellissima recensione al libro di Stefano Di Traglia e mio, Giorni Bugiardi, che l’errore del Pd bersaniano è stato quello di aver “parlato alla società italiana come doveva essere in base a una certa analisi e a uno schema ben definito (…), quasi non considerando le trasformazioni culturali, sociali e di costume intervenute dopo il ventennio berlusconiano (…). E’ un errore, questo? Certo, lo è. Ma è anche vero che un uomo non può tradire se stesso e le proprie radici. Bersani si è confermato persona seria e affidabile, ma è stato travolto da un mondo che aveva perso quella razionalità e persino quella ‘innocenza’ che lui pretendeva di restituirgli”.

Sono parole molto belle, che mi hanno fatto pensare. Non so se, nel riconoscere serietà e affidabilità a Bersani, Folli intendeva anche rimproverarlo un po’ per un eccesso di passatismo o addirittura di ideologia. Eppure io, che ho tutt’altra storia rispetto a Bersani, ho sempre pensato, e prima ancora che pensato ho sperimentato fin dai miei anni da ragazzina che nell’Azione cattolica assumeva le prime responsabilità educative verso i più piccoli, che un uomo, come un ragazzo o anche come un partito o un’opinione pubblica, trattati male come meritano non fanno che comportarsi sempre peggio. E che invece trattati con fiducia e con amorevolezza imparano a fidarsi di te e alla fine diventano migliori. Per questo quello che dico lo dico da persona di sinistra ma, in questo caso prima ancora, da cristiana: se questo è stato l’errore nostro e di Bersani, e probabilmente lo è stato, io lo rifarei mille volte a costo di perdere mille volte. (E forse alla milleunesima volta vincerei, però davvero, però riuscendo davvero a cambiare le cose dopo aver vinto. E in ogni caso, ne sarebbe valsa la pena).

Giorni bugiardi s’annunciano

Niente, è da un po’ che non scrivo niente qui sopra e vi volevo dire il motivo. E il motivo è questo, ecco: arriva il 6 novembre.

C’è ancora un sacco da fare, da arrabbiarsi, da soffrire, da togliersi soddisfazioni. Poi, finalmente, toccherà a voi, e potremo parlarne insieme. Intanto, pensando a come dirvelo, m’è venuto come al solito in soccorso Nonno Aldo. Che anche se di Giorni bugiardi bisogna parlare, noi sempre gente con i Tempi nuovi nel cuore siamo. Il resto non ve lo posso ancora dire. (Ma Moro non c’entra. Ma c’entra).