Indice: Cantautori

Signora libertà, signorina fantasia

Lasciamo perdere Fanfani, che io vorrei essere abbastanza brava da scrivere un pezzo che gli renda giustizia e spieghi come Amintore Fanfani sarebbe esattamente il presidente del consiglio e il leader politico che servirebbe adesso all’Italia: riforme vere, no chiacchiere, roba di sinistra come nazionalizzazioni e piano casa, che se le facesse qualcuno oggi farebbe impallidire Chavez; ricostruzione dell’economia di un paese e delle sue istituzioni democratiche, organizzazione di un vero e moderno partito popolare di massa, l’unico momento, forse, della storia d’Italia in cui la politica è davvero stata più forte dell’antipolitica. Altro che Rieccolo, altro che vostra moglie scapperà con la cameriera. Non ci si può mica fermare sempre alla prima riga della pagina di Wikipedia, Gesù.
Lasciamo perdere Fanfani, dicevo: ma almeno De André. Fiumi d’inchiostro e nessuno che noti e faccia rispettosamente notare al ministro Boschi che cos’è quella canzone: una lettera aperta a un grande amore che forse muore e però non morirà mai e sempre torna a esistere come un miracolo, ma un amore che non è una donna: è l’anarchia.
Ascoltatelo un po’ De André, benedette ragazze, se proprio volete citarlo. Perché è un po’ difficile motivare un richiamo all’ordine e alla disciplina citando una frase di De André, e tuttavia passi, che tanto qua vi fanno passare tutto. Ma se proprio dovete citarla, almeno evitate di citare “Se ti tagliassero a pezzetti” proprio il giorno che avete deciso di mettervi un tailleur grigio fumo.

È tutto un complesso di cose

È che ho letto che oggi Gino Bartali compie cento anni. Diciotto luglio millenovecentoquattordici.
È perché come si fa a restare indifferenti alla poesia del clclismo, anche se non ne sai tanto, ma Gianni Mura quando puoi lo leggi sempre no? È per quella storia dell’attentato a Togliatti, quel profumo di Italia antica, di racconti dei nonni, di democristiani e comunisti che si davano una mano, sempre, nell’emergenza. È perché De Gasperi dopo gli chiese che cosa vorrebbe come regalo, come ricompensa, come riconoscimento dallo Stato. E lui rispose: “Non pagare le tasse per un anno”, e De Gasperi: “Eh no, questo non si può”.
Per un anno.
Questo non si può.
È perché ho letto un bellissimo pezzo di Antonio D’Orrico sul Corriere.
È perché è vero: “Bartali“, di Paolo Conte, è una delle più belle canzoni della storia della musica.

Democratica e basta

Sulla Stampa di oggi c’è questa mia mini – intervistina. Ovviamente avevo detto più cose, ma lo spazio si sa è tiranno e io non sono così importante da meritarne molto di più. Mi dispiace solo che non ci sia la domanda che mi aveva fatto Francesca (Schianchi) su perché spesso faccio tweet “da pasionaria”, perché nella risposta avevo citato Guccini: “Se son d’umore nero allora scrivo / frugando tra le nostre miserie / di solito ho da far cose più serie / costruir su macerie, o mantenermi vivo”.
Questo sì che ci tenevo a dirlo.
“Democratica e basta” invece mi è venuto così, ma sono contenta che sia piaciuto a tanti amici. Vi prometto comunque che NON fonderò una corrente. Grazie.

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Selfie-auguri per oggi

Oggi presentiamo Giorni Bugiardi. A Roma, al Tempio di Adriano, alle 18. Se non siete a Roma, dovreste poterci seguire in diretta su Sky active e anche su Youdem. Vorrei che ci foste tutti però. Vorrei vedervi arrivare a riscaldarmi il cuore come una canzone di De Gregori. Guardarvi mentre vi avvicinate uno per uno. A passo d’uomo.

Nota a margine sulla Cancellieri, finendo con Vasco

Ci sarebbero da dire molte cose. Sulla carcerazione preventiva e sull’uso che se ne fa. Sullo stato di detenzione in casi di evidente difficoltà fisica e psicologica. Sulla necessità di una riforma della giustizia, certo, e sul perché in questo ventennio questa è stata un tabù (sebbene non sia proprio del tutto vero che la necessità di una riforma della giustizia sia un concetto mai affermato da nessuno prima che il Messia della Leopolda lo evocasse una settimana fa: si fa presto a dirlo, e infatti l’hanno detto in tanti, mettendoci dentro anche molte idee buone e giuste come quelle di Matteo, prima che le dicesse Matteo).

Ci sarebbero da dire molte cose, ma io ne volevo dire una sulla società civile. Viviamo nel tempo della Kasta, il nemico pubblico numero uno sono le malefatte e i privilegi dei politici. Su questo assunto hanno prosperato in questi anni – in singolare sintonia – giornali manettari, partiti antipartiti, governi in loden. Annamaria Cancellieri è una figura pubblica figlia e perfetto emblema di questo clima: un prefetto donna, integerrima, servitrice dello stato, sdegnosa nel sottrarsi alle occasioni di arruolamento politico che la stima generale le ha offerto, fino alla folgorazione, maturata durante l’esperienza di governo, per Mario Monti e la sua lista alle politiche: una “Scelta civica” però, che per carità sia mai ci si mescoli con le brutture della politica e dei partiti.  Continua a leggere

Cambiare direzione, cavarsela da questa situazione

No ma l’avete sentita questa? Roba che io ve lo dico, da oggi tutta la vita: PAPPAPAPPAAAAAA’ PAPPAAAAA’, PAPPAPAPPAAAAA’ PAPPAAAA’, PAPPAPPAPPAAA’ PAPAPPAPPAPPAPPA’

“Cambiare tutte le ragioni
che ci hanno fatto fare gli errori
non sarebbe neanche naturale” 

De Gregori, guarda che non sono io

“Europa” mi ha chiesto un articolo “da fan” sull’intervista di De Gregori al Corriere. Lo potete leggere anche qui 

Guarda che non sono io, Francesco, la sinistra di cui ti sei stufato. Guarda che io di quello che hai detto al Corriere non c’è praticamente niente che non condivido. Non c’entra che tu sei probabilmente l’ultimo leader della sinistra, uno che se fa un’intervista se ne parla per un giorno intero, e ricordando quel che disse quell’altra volta nel 2007 che fece un’intervista, roba che ormai D’Alema e Veltroni se lo sognano. Non c’entra nemmeno che tu sia il sessantenne più figo del mondo, né che ci sei rimasto ormai quasi solo tu, a essere uno di cui noi ragazze pensiamo “che posso farci se mi fai sognare”. Non c’entra che sia un mondo talmente di pazzi che ormai quando tu dici o fai qualcosa mi chiamano i colleghi e mi scrivono i lettori del blog per chiedermi un commento (potresti anche avvisarmi eh, che ieri avevo degli impegni e alle nove già avevo il cellulare mezzo scarico). E se anche tu ci hai magistralmente rotto il gioco spiegandoci, come sempre peraltro avevamo sospettato, che appunto se crediamo di conoscerti non è un problema tuo, sappi che non ti libererai di noi neanche questa volta. Noi tuoi fans di sinistra. Noi che non ci voti più. Continua a leggere

La costruzione di un partito

Volevo scrivere un post su perché domenica vado a votare e voto Pd, nonostante tutto. Nonostante il cuore gonfio e la sfiducia, e la malinconia. Nonostante i dubbi sul futuro, nonostante il molto che non mi piace nel presente. Poi ho provato a pensare alle parole che volevo usare, e quelle che mi sono venute in mente sono queste:

Voterò Pd per rispetto di me stessa e delle cose in cui credo. Per amore del mio lavoro, del mio paese e della mia città. Voterò Pd per fiducia nel futuro, nella politica e nelle persone. Voterò al primo municipio di Roma per Tommaso Giuntella e Maria Paola Pennetta, amici veri, persone di valore e di passione sincera. Al comune purtroppo dovrò scegliere tra due meravigliose donne, Michela Di Biase e Giulia Tempesta, giovani, capaci, generose e piene di passione. Voterò Ignazio Marino sindaco, anche se devo confessarvi che avrei voglia, con amicizia e con stima, di dirgli una cosa: “Ignazio, dai retta: non è Roma. E’ politica”.

E insomma avete capito, voto Pd come se dietro l’orizzonte ci fosse ancora cielo. E sì: se un giorno di questi deve crollare tutto, che almeno ci crolli addosso. Sono sparite le nuvole. Vado a piazza San Giovanni, e spero di incontrarvi là.

Habemus Inno

A me m’hanno rovinato i cantautori ma in questo caso, eccezionalmente, posso farmi rovinare da una cantautrice. Questa è “Inno“, la canzone che Bersani ha scelto per accompagnare il Pd. Credo che piacerà, credo che la sera del 25 febbraio ci abbracceremo ascoltandola, ci credo da quando l’ho sentita la prima volta. Credo da tempo che Gianna Nannini, la sua voce, la sua musica, stia bene con Bersani. Ho amato la Canzone popolare più della stagione stessa dell’Ulivo, ho creduto che non ne avremmo mai trovata un’altra così bella. Perché Ivano è Ivano, e poi c’era pure “popolare” nel titolo, che per noi che abbiamo fatto il tirocinio a piazza del Gesù non è mica poco. Ma credo che questa sia una buona scelta, che funzionerà. Ora che siamo un partito un Inno ci serviva. Ora che siamo un popolo, i popoli hanno un Inno.

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Telefonami tra vent’anni

Vi voglio raccontare di Simone, che all’epoca era detto Simone Piccione, e non sto a spiegarvi perché. Eravamo giovani, si andava tutti insieme a mangiare la pizza il sabato sera e poi in giro in macchina la domenica. A primavera loro giocavano a pallone in piazzetta una sera alla settimana (che poi non era una piazzetta, ma il cortile della parrocchia), e noi ragazze intanto si chiacchierava sedute sul muretto. Si facevano lunghe chiacchierate, all’epoca. Non c’era twitter, né i messaggini. E avevamo vent’anni, e a vent’anni è tutto ancora intero, ci sono un sacco di cose di cui discutere. E Simone Piccione aveva un modo di chiudere i discorsi, di commentare le cose, di consolarti se eri triste, lui diceva così: l’importante è non arrivarci in fila. Continua a leggere