Zero manifesti? No, zero idee e zero soldi. Una campagna elettorale senza partiti

Da oggi, di tanto in tanto, scriverò articoli sul quotidiano Il Dubbio. Oggi, a pagina 4, è uscito il primo.

«Guarda mamma, senza mani! ». Ricorda un po’ il bambino della bici l’annuncio di Matteo Orfini che il Pd romano, del quale è commissario, «in nome della sobrietà e del decoro» rinuncia ad affiggere i manifesti elettorali. Una scelta che ha una sua storia e le sue ragioni, ma che alimenta un terribile dubbio circa le prossime amministrative: dov’è finita la campagna elettorale? Perché al di là dei risultati questa potrebbe davvero essere una campagna “storica”, per alludere a una certa retorica politica che va di moda: la prima campagna elettorale senza i partiti.
Ci sono i social network, certo. E lì la battaglia impazza: l’altro giorno lo staff di Roberto Giachetti s’è infervorato sul fatto che Virginia Raggi aveva risposto al fake di Alfio Marchini, Arfio, scambiandolo per quello vero. Episodio indubbiamente disdicevole, per l’esponente di un partito che nella Rete dovrebbe muoversi come nel suo ambiente naturale.
Ma a guardare i tweet canzonatori, la foto trasecolante di Giachetti con la mano sulla fronte, l’ondata degli hashtag dedicati, veniva da chiedersi non tanto quanti elettori della Capitale avrebbero considerato importante l’episodio ai fini della scelta del prossimo sindaco, ma quanti sarebbero stati in grado di decodificare la notizia. Twitter è un posto frequentato da gente che influenza certamente il clima politico, ma siamo sicuri che da là sopra si parli al popolo?
La rinuncia alle affissioni ha le sue origini nelle battaglie del Pd per il decoro urbano, e anche nelle gaffe di vari candidati che in passato si sono fatti beccare negli spazi non autorizzati attirandosi il biasimo degli avversari, anche di quelli di partito. Il fatto è che a Roma gli spazi autorizzati sono pochissimi e l’abusivismo più che un rischio è una conseguenza quasi inevitabile. È probabile peraltro che la scelta di sottrarsi alle polemiche chiamandosi fuori non sposti molti voti. Orfini ha spiegato che i manifesti saranno comunque sugli autobus, negli spazi a pagamento e soprattutto “su tantissimi volantini che i nostri militanti distribuiranno ovunque nella città”. Ed è qui che casca l’asino. Perché l’impressione è che tutta questa militanza, in questa campagna elettorale, non ci sia. E non stiamo parlando solo del Pd.
Iniziative per il 25 aprile? Nessuna. Presentazioni dei programmi? Non pervenute. Incontri con i “mondi” organizzati delle professioni, del territorio? Non se ne parla. Coinvolgimento e coordinamento di parlamentari e gruppi dirigenti locali in iniziative mirate? Zero. I candidati a sindaco sì, loro girano, e i loro manifesti senza simbolo di partito in città si vedono. È dei partiti, appunto, che non c’è traccia. Come sempre, il problema di comunicazione non è un problema di comunicazione. Piuttosto di carenza di idee e di proposta, a detta di molti: il programma per esempio non viene presentato perché non c’è. Di stanchezza politica, aggiungono altri, facendo notare che mentre Orfini parla di manifesti i circoli sono svuotati: commissariato da un anno e mezzo, il Pd romano è stato affidato da Orfini a subcommissari di municipio, tutti scelti tra i suoi colleghi deputati, ai quali i segretari di circolo devono rivolgersi via mail per tutto, anche per chiedere (motivandolo) il permesso di fare una riunione. La cura Barca inoltre, con le sue inflessibili pagelle al lavoro dei circoli, avrà pure ripulito il partito dai cattivi ma di certo ha mortificato i buoni, anche a non dar credito a chi dice che l’ex ministro nel suo fervore un po’ schematico abbia commesso qualche errore di giudizio.
E c’è infine, e soprattutto, un enorme problema di risorse. Dopo l’abolizione del finanziamento pubblico nessuno ha più soldi da spendere. Dopo Mafia capitale, le forze politiche hanno il terrore di chiedere e i finanziatori hanno il terrore di dare. L’unico che si vede che ha i soldi, dicono tutti, è Marchini: un candidato che parte da un patrimonio personale non paragonabile a quello di nessuno dei suoi avversari. Ecco perché questa campagna elettorale può dirci molto sul futuro. Indipendentemente dai risultati.

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