Ho scritto questo per i giornali locali del gruppo l’Espresso (Il Tirreno, La Gazzetta di Mantova, Il Mattino di Padova, Il Piccolo, Il Centro, La Gazzetta di Reggio, La Gazzetta di Modena, Alto Adige, Il Trentino, Il Messaggero Veneto, La Nuova Sardegna, La Nuova Venezia, La Città di Salerno e altri).
Nessuna dichiarazione alla stampa, o meglio nessuna dichiarazione e basta. Nessuno sguardo in favore di telecamera, mai. Sergio Mattarella ieri ha attraversato la tragedia del terremoto alla sua maniera: niente addetti stampa, zero retorica, zero – apparente – comunicazione. E la gente lo ha applaudito quando è sceso dalla macchina nel piazzale della palestra di Ascoli Piceno dove stavano per cominciare i funerali di stato. Sarebbe già molto di questi tempi: applausi per un politico, e per un politico che non fa niente per rendersi popolare. Ma era solo l’inizio: dopo sono stati abbracci, lunghi, parole sommesse, tutto un modo di essere e di esserci durante la cerimonia. E poi, nei tg, la passeggiata mattutina tra le rovine di Amatrice e di Accumoli, il “grazie” sussurrato e ripetuto ai volontari e alle forze dell’ordine, le carezze ai bambini. In tanti, davanti alla tv e sui social network, hanno percepito, forse per la prima volta, la personalità dell’uomo del Quirinale. Anche i detrattori del presidente dei molti silenzi e delle parole, quando ci sono, quasi impercettibili (è vero, è il suo modo di parlare) hanno sentito qualcosa. C’è chi ha parlato di “grazia di stato laica”. Continua a leggere