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Sul presidente cattolico

Non ho candidati presidenti da affossare o da difendere. Ho proprio un problema di orticaria agli argomenti disonesti. Accusare qualcuno di rivendicare posti al sole in virtù della propria fede religiosa è ignobile almeno quanto evocare lo slancio evangelico di papa Francesco per contrastarlo. Non si tratta, per nessuno nel Partito democratico, di voler andare al Quirinale per fare “il presidente dei cattolici” anziché quello di tutti gli italiani. La questione è un pochino più complessa, ed è che il cattolicesimo democratico è una delle maggiori e più ricche culture costituzionali di questo paese. È per esempio quella cultura che ha insegnato ai sindaci cattolici degli anni duemila a dare per scontato che il sindaco agisce nell’interesse di tutti e della libertà di tutte le religioni che sono professate nella sua città. È una delle culture che la Carta costituzionale, di cui il presidente della repubblica è il custode, l’hanno scritta e poi nei decenni preservata. Insieme ad altri, certo. Per cui è perfettamente legittimo dire che dopo un presidente azionista e un presidente socialdemocratico, al Colle potrebbe ora salire un presidente cattolico democratico. Oppure, naturalmente, no. Che mica siamo alle crociate. Però a leggere il pensiero di certi eredi, cadono le braccia. E viene da pensare che una certa cultura politica abbia più bisogno di altre di essere preservata e difesa, indipendentemente da chi salirà al Quirinale.

Appunto sulla Kasta (e sul Corriere)

“Ho lavorato fino al 2012 al Corsera, che ha avuto il merito di denunciare con le grandi inchieste dei Sergio Rizzo e Gianantonio Stella sprechi, malversazioni e privilegi. Fu, quella, un’intuizione giornalistica penetrante dell’allora direttore, Paolo Mieli. Ma lo stesso Corriere e il sistema dei media nel suo complesso non sono riusciti a sfidare realmente la classe politica sul piano delle soluzioni. Quelle inchieste si accompagnavano a una campagna politica che, mettendo in luce le debolezze reali del governo Prodi, puntava sui tecnici che avrebbero dovuto avere alla loro testa Montezemolo. Una grande idea giornalistica, una piccola idea politica. E alla fine, complice una politica cieca, la guerra alla Casta senza le capacità di proporre alternative reali ha generato il Movimento 5 stelle. Che ora attacca politici e giornalisti”.

Massimo Mucchetti, già vicedirettore del Corriere della Sera, intervistato da Goffredo Pistelli. Italia oggi, 11 aprile 2013

Quando quel giorno Francesco verrà

Emozioni, ricordi, coincidenze. Quando noi eravamo “quelli di San Francesco”. Quando ci dicevamo: “Pensa se un giorno ci fosse un papa Francesco”, pensa che roba sarebbe. Pensa che roba. Quando mettevamo in scena Forza venite gente (che in piazza si va, un grande spettacolo c’è. Francesco al padre la roba ridà. “Figlio degenerato che sei!”). Quando la Francesca cantava la canzone della povertà, quanto era bella la Francesca a ventitré anni quando se n’è andata, e come cantava: “Quando quel giorno Francesco verrà”. 

Quando facevamo le prove di canto, “una pietra dopo l’altra alto arriverai”. Quando il nostro angelo custode era padre Bruno, gesuita. Quello ancora adesso, veramente. Che i gesuiti son persone serie, anche come angeli.
Quando ho sentito “Bergoglio”, che ho iniziato a esultare come al Maracanà e a gridare: “Gesuitaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!”. E lì per lì non avevo neanche capito che monsignor Tauran aveva detto: “Franciscum”.

“Francesco, vai e ripara la mia casa”

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Sulle porte aperte o chiuse della Direzione Pd (SVEGLIAAAA)

Non tocca a me decidere, è inutile che mi chiocciolate. La decisione se consentire che Youdem trasmetta in diretta la direzione di mercoledì, o se la riunione debba svolgersi a porte chiuse, o ancora accessibile solo ai giornalisti attraverso un circuito interno, spetta alla direzione del pd, non certo a Youdem, che è come sempre a disposizione di ciò che il pd deciderà. È inutile anche che mi replichiate, quando vi rispondo come ho appena detto, che “potrei almeno provare a proporlo”. Se avessi qualcosa da proporre a qualcuno, qualcosa che riguarda il mio lavoro e il partito in cui, per la mia piccola parte, ricopro momentaneamente un ruolo, prenderei il mio bel cellulare, comporrei uno dei tanti numerini che ho in rubrica e proporrei. Non userei certo un social network per comunicare con gente che ha la stanza vicina alla mia al Nazareno, non manderei un tweet a persone che sento quattro o cinque volte al giorno per lavoro. In tanti, che son pronti tutti i giorni a darci lezioni su come si comunica in rete, si regolano diversamente: evidentemente son più bravi comunicatori di me. Io come stile di comunicazione cerco per prima cosa di evitare gli esibizionismi narcisi e di pensare alla ditta. Ma forse altri conoscon ditte che prosperano con la politica del “facciamo un po’ come cazzo ci pare che così andiamo sui giornali”. Io ho frequentato un’altra scuola, sono una ragazza all’antica. Continua a leggere

Luoghi comuni di fine campagna (che non si possono più sentire)

(questo post è stato pubblicato sull’huffington post italia)

Non ho ancora scritto niente sulla campagna elettorale, anche perché ho avuto altro di cui occuparmi. Prima del fischio finale, però, mi devo togliere giusto quei due tre sassolini. Piccoli equivoci, ma non senza importanza, che mi devo proprio levare il gusto di chiarire. Retorica da giornali, più che altro: non conterà per il risultato ma non la posso più sentire. (continua qui )

Pero no cambia mi amor

Pero no cambia mi amor
por mas lejos que me encuentre
ni el recuerdo ni el dolor
de mi pueblo y de mi gente

Primo pensiero (non è vero): Luigi Contu, il direttore dell’Ansa, ha lasciato il computer con l’account twitter aperto e gli hanno fatto uno di quei soliti scherzi cretini. Secondo pensiero (cavolo, è vero): Nanni Moretti è un fottuto genio. O non avrebbe potuto immaginare questo momento. Perché non ditemi che adesso non vi sentite anche voi così, con un mare di pensieri dentro e che non riguardano solo le dimissioni del papa:

Non ditemi che non vi sentivate già così, anzi. Perché ci sono i momenti in cui si capisce tutto, ma la storia stava già passando da prima. Perché hai sempre il dubbio che non ce la possiamo fare ma invece eccoci, siamo pronti. “Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità”, diceva nonno Aldo. “Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso, si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con tutte le sue difficoltà”. Chissà perché mi viene in mente sempre lui, quando i tempi nuovi s’annunciano. Chissà perché penso sempre che non siamo soli, quando il futuro arriva. E anche se mi sembra di avercela, poi non ho paura, quando lo sento arrivare. E così dai: mettiamo la canzone giusta, e stiamocene per un po’ col naso all’insù. Non durerà molto, prima che si senta una voce che dice: “Uomini di Galilea, perché state a guardare verso il cielo?”. Perché non è dato a noi sapere prima come e quando succederanno le cose. Ma quando succedono, la forza di affrontarle arriva. Prendiamo il largo, che c’è un sacco da fare.

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Habemus Inno

A me m’hanno rovinato i cantautori ma in questo caso, eccezionalmente, posso farmi rovinare da una cantautrice. Questa è “Inno“, la canzone che Bersani ha scelto per accompagnare il Pd. Credo che piacerà, credo che la sera del 25 febbraio ci abbracceremo ascoltandola, ci credo da quando l’ho sentita la prima volta. Credo da tempo che Gianna Nannini, la sua voce, la sua musica, stia bene con Bersani. Ho amato la Canzone popolare più della stagione stessa dell’Ulivo, ho creduto che non ne avremmo mai trovata un’altra così bella. Perché Ivano è Ivano, e poi c’era pure “popolare” nel titolo, che per noi che abbiamo fatto il tirocinio a piazza del Gesù non è mica poco. Ma credo che questa sia una buona scelta, che funzionerà. Ora che siamo un partito un Inno ci serviva. Ora che siamo un popolo, i popoli hanno un Inno.

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La Terza Repubblica dei democratici cattolici

(questo post è uscito sull’Huffington post italia)

Scrivo per riprendere e segnalare questo pezzo di Massimo D’Antoni per il sito Left Wing, che mi sembra davvero importante e condivisibile. E’ proprio il giorno giusto per aggiungere qualche considerazione, quello in cui da un lato come rivela l’Huffington Post la lista Monti mostra qualche imprevista difficoltà in quella che sembrava una corsa lanciata verso una nuova rappresentanza dei cattolici, e dall’altro il Pd annuncia la candidatura alle prossime elezioni di quattro figure rappresentative di quel mondo. (continua qui )

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Telefonami tra vent’anni

Vi voglio raccontare di Simone, che all’epoca era detto Simone Piccione, e non sto a spiegarvi perché. Eravamo giovani, si andava tutti insieme a mangiare la pizza il sabato sera e poi in giro in macchina la domenica. A primavera loro giocavano a pallone in piazzetta una sera alla settimana (che poi non era una piazzetta, ma il cortile della parrocchia), e noi ragazze intanto si chiacchierava sedute sul muretto. Si facevano lunghe chiacchierate, all’epoca. Non c’era twitter, né i messaggini. E avevamo vent’anni, e a vent’anni è tutto ancora intero, ci sono un sacco di cose di cui discutere. E Simone Piccione aveva un modo di chiudere i discorsi, di commentare le cose, di consolarti se eri triste, lui diceva così: l’importante è non arrivarci in fila. Continua a leggere

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Cose che spiegano altre cose (Riflessioni sul mio ideale maschile)

Quando scendo a piedi col carrello della spesa e il turista americano mi dice: “Sorry, where is Mighleeengelo?”. Ecco, allora: sarà quel fatto che Michelangelo quando veniva a Carrara a scegliere il marmo dormiva in casa di mio fratello, sapete. Sarà che il Mosè da queste parti è un vicino di casa che non vai mai a trovare abbastanza spesso. E io si sa, sono apuana e romana, e mi sembra che anche lui un po’, Michelangelo, lo sia. E allora, mentre aiutandomi coi ditini che fanno il gesto di salire dico al turista americano: “You will see some stairs on your left”, la verità è che penso: “Ti accompagnerei io americà, non sai quanto ti accompagnerei se non dovessi fà la spesa”. E poi, mentre lo saluto, fra me e me dico: “A Michelà, ma te rendi conto? Ma li senti? Siamo quasi nel 2013 e questi vengono dall’altra parte del mondo a cercà te”.