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Caro Lotti scusa, come fai a dire che Orsoni non è del Pd?

questo post è uscito anche su Huffington post
Caro Luca Lotti, scusami tanto. Ma come fai a dire che Giorgio Orsoni non è del Pd? Orsoni, il sindaco di Venezia. Quello che ha vinto le primarie, sostenuto dal Pd. E poi le elezioni, al primo turno, sostenuto e festeggiato da tutto il Pd. Uno dei mitici sindaci del Pd, hai presente? Quelli che volete fare senatori, per il cambiamento. Ma ora lungi da me rinfacciartelo, figuriamoci.
Non eri tu, scusa, il Luca Lotti che in segreteria (segreteria Epifani) da responsabile Enti locali caldeggiava “primarie aperte, apertissime”, sottintendendo che “quelli di prima” l’altra volta non le avevano aperte abbastanza? Ecco, volevo chiederti: chi è del Pd allora scusa? Solo chi ha la tessera è del Pd adesso? E come mai allora anche chi non ce l’ha, la tessera, partecipa alle primarie per eleggere il segretario del Pd, dove uno vale uno, e il voto di Orsoni conta come il mio, e come il tuo? Orsoni, ricorderai, ha partecipato da sindaco di Venezia alle primarie per il segretario del Pd, schierandosi apertamente per Matteo Renzi, ma ora lungi da me rinfacciartelo, figuriamoci. È che mi domando, e non capisco, se ora improvvisamente per essere del Pd si debba essere iscritti, e allora perché mai chi non è iscritto decide chi dev’essere il nostro segretario, se non è del Pd. Hai detto che non è del Pd perché “non è mai venuto alla direzione”, ma ti ricorderai che anche Matteo, quando era sindaco di Firenze, alla direzione non ci veniva, pur avendone diritto. Alla “seduta di autocoscienza” anzi. Non ci veniva. Eppure Matteo era un sindaco del Pd no?

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Democratica e basta

Sulla Stampa di oggi c’è questa mia mini – intervistina. Ovviamente avevo detto più cose, ma lo spazio si sa è tiranno e io non sono così importante da meritarne molto di più. Mi dispiace solo che non ci sia la domanda che mi aveva fatto Francesca (Schianchi) su perché spesso faccio tweet “da pasionaria”, perché nella risposta avevo citato Guccini: “Se son d’umore nero allora scrivo / frugando tra le nostre miserie / di solito ho da far cose più serie / costruir su macerie, o mantenermi vivo”.
Questo sì che ci tenevo a dirlo.
“Democratica e basta” invece mi è venuto così, ma sono contenta che sia piaciuto a tanti amici. Vi prometto comunque che NON fonderò una corrente. Grazie.

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Tre considerazioni a caldo. E che caldo

Faccio anch’io qualche considerazione a caldo e senza pretese di completezza su questo straordinario risultato elettorale, dal mio punto di vista che conoscete: appassionatamente del Pd, appassionatamente non renziana, appassionatamente non disposta a cambiare facilmente idea. Ma oggi davvero complimenti a Matteo Renzi e al gruppo dirigente del Pd, prima di tutto. Detto questo.

1) Non è la vocazione maggioritaria 

Questo incredibile 40,8 per cento non è il realizzarsi della vocazione maggioritaria di Veltroni. Veltroni aveva in mente un bipolarismo compiuto e tendente al bipartitismo, l’Italia uscita dalle urne stanotte è l’opposto: un sistema politico che da un anno sbanda paurosamente perché si sta sgretolando uno dei due assi del bipolarismo imperfetto della seconda repubblica. Continua a leggere

Qualche dubbio sulla tattica, senza gufare. (Anzi)

1) Se la tua strategia è diffondere il panico su cosa succederà di terribile se Grillo arriva primo, perché continui a dire e a far dire che è già arrivato primo l’anno scorso, cosa peraltro che non è neanche vera?
2) Non sarà che a forza di alludere alle cose terribili che farà Grillo se arriva primo, anzi se non gli diamo un distacco di almeno enne punti, legittimiamo Grillo e quasi lo obblighiamo a prendere davvero qualche iniziativa contro il governo nel caso davvero arrivi primo o con un distacco di meno di enne punti?
3) Non sarà che l’arma “se non vinciamo si va alle elezioni” è un tantino evidentemente spuntata, dal momento che se non vinciamo vuol dire che ha vinto qualcun altro (per non parlare del fatto che non ci sono né una legge elettorale né un presidente che scioglierebbe le camere)?
4) Non è che continuare a dire che l’anno scorso il “Pd di qualcun altro” ha perso (cosa che peraltro non è neanche vera) rischia di far scappare qualche voto che invece sarebbe meglio se restasse? Perché il Pd è sempre il nostro Pd, è di tutti noi. No?

Lo dico perché io son felice se vinciamo.

Caro Menichini, quanta propaganda (quando è troppo è troppo)

Questo articolo è uscito su Europa del 26 aprile 2014

Caro direttore,
Sarà che è il 25 aprile, o più modestamente sarà che quando è troppo è troppo: e il tuo editoriale di ieri, semplicemente, è troppo. Un politico può fare tutta la propaganda che vuole, ma un giornalista non può avallare e trasmettere ai suoi lettori l’idea che sia in corso uno scontro tra sostenitori del senato non elettivo (cambiamento) e sostenitori del senato elettivo (mantenimento del bicameralismo perfetto, salvaguardia dello stipendio e di tutto lo status quo): semplicemente perché non è così. La proposta Chiti non difende il bicameralismo perfetto e neanche l’elezione diretta dei senatori alle elezioni politiche com’è oggi; riduce il numero dei parlamentari in maniera ancora più incisiva della proposta Boschi e differenzia le competenze tra le due camere. Ma non mi interessa, perché non saprei e non voglio dire se sia meglio adottare un altro testo o emendare quello del governo. Sono valutazioni che spettano ad altri, e che altri faranno con più competenza. Certo che dipingendo la questione come fai tu diventa facile poi dire che “laggente lo vuole”, non trovi? (A proposito: tu conosci Vannino Chiti come lo conosco io. Davvero riesci a scrivere restando serio che si tratta di un uomo che “cerca visibilità”? La mia ammirazione per te è già grande, ma nel caso ne sarebbe accresciuta). (Continua qui)

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Gente un po’ brilla

“La Costituzione è quella cosa che i paesi si danno quando sono sobri, per quando saranno ubriachi. E qui in Italia, in questo momento, mi sembra che ci sia un sacco di gente un po’ brilla”.

(Sandra Bonsanti cita Gustavo Zagrebelsky sul Corriere di oggi. Non essere mai stata una seguace acritica dei “professoroni” di Repubblica, e anzi pensare che alcune delle cose che stanno succedendo i suddetti professoroni – e la suddetta Repubblica – se le meritano, non mi impedisce di trovare questa analisi del momento che viviamo davvero, davvero, molto lucida e sobria).

Carrai? Verdini? Ma non le fa il governo, le nomine?

Meno male che sono finiti i tempi di quell’orribile e vecchia partitocrazia. Perché sono finiti, vero?
Così leggo su Il Tempo di oggi, a firma Filippo Caleri:

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Oggi non voto alle primarie (Ma sì, facciamoci qualche altro amico)

Dopo la messa, come al solito, sono passata davanti al gazebo. Ho fatto ciao con la manina a Luigi, che stava lì come tutte le altre volte, e questa volta ho proseguito.

Primo motivo. Penso che non abbia alcun senso fare le primarie per eleggere il segretario regionale di un partito, una scelta che interessa solo agli iscritti a un partito e non si vede a chi altro dovrebbe interessare. Tutte le critiche che rendono discutibile il ricorso a primarie aperte per l’elezione del segretario nazionale, nel caso dei segretari regionali acquistano talmente tanta forza che questo argomento non dovrebbe essere nemmeno messo in discussione. Prima che qualcuno me lo dica, che potevamo cambiarle queste regole, rispondo: se potevamo non lo so, non è detto che avremmo avuto la maggioranza per farlo. Ma sicuramente dovevamo provarci con più forza

Secondo motivo. Non è che io partecipi molto attivamente, ma sono iscritta a un circolo del Pd di Roma. Inoltre ho sempre votato a tutte le primarie, lasciando ogni volta mail e recapiti. Ebbene, non ho ricevuto alcuna comunicazione riguardo a oggi. Nessuna convocazione al gazebo, nessun invito a discutere, nessun annuncio di candidatura, nessuna dichiarazione di sostegno. Insomma, non saprei proprio per chi votare. E sinceramente, avendo sfogliato un po’ i giornali, visto che si trattava di schierarsi o coi renziani-con-Bettini o coi renziani-senza-Bettini non ho trovato interessante approfondire.

In bocca al lupo a chiunque sarà eletto, ma soprattutto al Partito democratico.

I Giorni bugiardi continuano (101 + 101 = 202)

(questo post è uscito su Huffington post)

Premessa: scrivo questo post per amore del Partito democratico e per fiducia nel suo futuro. Dirò cose spiacevoli, anche se mi converrebbe starmene zitta. Sarò lunga, e per questo procederò per punti. Il succo è questo: quanto avvenuto in queste ore è la prosecuzione ideale di quanto avvenne nei giorni dell’elezione del presidente della repubblica. Produce lo stesso effetto nei militanti del partito e negli elettori, amplifica e raddoppia l’effetto dell’altra volta. I 101 diventano, per così dire, 202. Con questa affermazione non voglio alludere al fatto che si tratti dell’opera delle stesse persone o che vi sia una continuità tra questi due fatti politici (anche se certo l’ipotesi non sembra da escludere a priori sul piano logico). Ma andiamo in ordine.  Continua a leggere

Cari intellettuali, bisogna saper scegliere in tempo però

(questo post è uscito su Huffington post Italia)

Non ha pietà Pigi Battista sul Corriere di oggi, e un po’ ha ragione però, a sfottere gli intellettuali del “firmamento”: professori, cantanti, scrittori, opinionisti sempre con l’appello in canna, alle prese con l’imbarazzo di aver firmato nel marzo scorso accorati richiami alla responsabilità di governo indirizzati allo stesso Beppe Grillo che oggi si trovano a dover accusare di sessismo, eversione e altra barbarie.

Ognuno si difende come può. La maggior parte si scorda o’ passato e intinge la penna nell’usato calamaio dell’indignazione, Barbara Spinelli invoca la libertà di pensiero critico, Remo Bodei, sul Corriere di oggi, nasconde la trave della propria umiliazione dietro il comodo schermo dell’umiliazione di Bersani: insomma, è la filosofia del filosofo, non sono quelli “del firmamento” ad aver preso la cantonata, ma è stata “la delegazione del Pd” (no professore, quello era il presidente del consiglio incaricato che faceva la consultazioni) ad aver “tirato troppo la corda” durante lo streaming coi 5 stelle, quando avvertiva gli stessi grillini su cosa avrebbe comportato rifiutarsi di mettere in gioco il consenso elettorale ricevuto nel tentativo di formare un governo ottemperando al mandato del presidente della repubblica.

E però il punto è proprio questo. (continua qui)