aNo, guardate. L’aggressione a Stefano Fassina da parte degli operai dell’Alcoa non è la prova che il Pd non sa intercettare il malessere sociale e nemmeno, come ha subito scritto Gad Lerner, della sua debolezza. Quegli spintoni, gesto deprecabile che va condannato sempre, sono una prova di forza, e la reazione del responsabile economico del Pd lo conferma. In quel corteo, prima di tutto, bisognava esserci, Fassina c’era e c’è restato, condannando i gesti violenti, circoscrivendoli senza generalizzare, confermando che il Pd ascolta i lavoratori e li sostiene pur essendosi dovuto assumere responsabilità non sue. Tracce degli altri partiti? Nessuna. Tecnici? Per carità. Quegli operai Fassina lo conoscono perché è già stato in Sardegna da loro, e c’è da scommettere che ci tornerà. Questa è la politica, questo è il senso di un partito che mette la faccia e le gambe dentro i problemi e i drammi della società, anche quando non ha la bacchetta magica per risolverli, il gesto eclatante per farsi applaudire, l’ideona per sbalordire i giornalisti. Chi non capisce questo non capisce niente del Pd.
C’è il giorno per prendere in braccio la bambina Ambra e c’è il giorno per prendersi uno sputo da un operaio sardo. La politica è questo, non un insieme di trovate e passerelle. E di questo, non di quell’altra roba, ha bisogno l’Italia arrabbiata e sofferente che aspetta che qualcuno si assuma la responsabilità di affrontare i suoi problemi dopo il governo che ha mandato a casa Berlusconi.
Aggiornamento: pare che l’aggressore sia stato fermato dalla polizia, e che non fosse un operaio dell’Alcoa. Bene. Oddio, forse bene. Sarebbe interessante capire meglio.