Ho scritto questo per i giornali locali del gruppo l’Espresso (Il Tirreno, La Gazzetta di Mantova, Libertà, Il Mattino di Padova, Il Piccolo, La Gazzetta di Reggio, La Gazzetta di Modena, Il Messaggero Veneto, La Nuova Sardegna, La Nuova Venezia e altri).
Venerdì sera, mentre piazza della Signoria sfavillava dei riflettori delle dirette tv sul comizio in cui il premier annunciava la “rimonta bestiale” del Sì, nella Casa del popolo di Pontassieve, a pochi passi dalla strada in cui vive la famiglia Renzi, un centinaio di persone discuteva delle ragioni del No. Gente che ha pagato prezzi politici e professionali anche alti negli ultimi tre anni, e ha scelto di essere “contro” nonostante qualcosa da perdere e una pressione quasi minacciosa. Usciti dal partito o con un piede fuori ma che volevano ritrovarsi, ricostruire: “Siete stati eletti insieme, non come avversari”, dicevano a Filippo Fossati e Giovanni Paglia, deputati di Pd e di Sinistra italiana. Più lo sguardo al futuro che l’ansia per il risultato: “È vero che noi siamo pochi e in trincea nel partito. Ma io quando parlo con le persone normali, coi miei colleghi, al supermercato, trovo solo gente che vota No. E No convinto eh?”. E insieme, data la situazione, una certa passionale serenità: “Ma perché dicono che è stata una campagna brutta? È stata bella. A me piacciono sempre le campagne elettorali”. Continua a leggere