So che tu avresti voluto più discrezione, ma lo sai come siamo fatti, noi giornalisti. Scriviamo. Come facevi tu, sempre, fino a tre o quattro giorni fa. Venivi in redazione tutti i giorni, con l’impegno e l’entusiasmo di un praticante, quando fino a pochi anni fa stavamo insieme, a Europa. Leggevi tutto. Chiamavi per commentare e per complimentare. Citavi nei tuoi articoli noi, colleghi giovani e sconosciuti. Una volta, nelle riunioni per il numero zero, qualcuno propose che facessimo come si usava allora al Foglio, un giornale di pezzi non firmati. Ti sei arrabbiato. “No, questi colleghi devono potersi far conoscere! La firma è un valore, e loro firme saranno un valore aggiunto per il giornale!”.
Eri stato il vice di Montanelli, ma non ne parlavi quasi mai. Solo qualche volta, se in riunione veniva fuori qualche volo pindarico di troppo che ci faceva progettare articoli confusi, dicevi con la tua mitezza qualche frase come “eh no, Montanelli diceva: un argomento, un pezzo”. Quante volte l’ho ridetta, quante volte l’ho ripensata.
Ti fece piacere, quando ti chiesi se volevi essere uno degli Highlander della mia trasmissione, poi diventata anche un libro. Avevo intervistato tanti comunisti e democristiani, eri contento di rendere più completo il mio catalogo di testimoni della nostra repubblica “rappresentando” quella che chiamavi con orgoglio “la terza cultura dell’Assemblea costituente”. Sono venuta a casa tua e ho visto la tua vetrina piena di premi giornalistici, ma la telecamera non ce l’hai lasciata neanche avvicinare. Ho visto i ritagli ingialliti dei tuoi primi articoli per giornali che si chiamavano il Molise liberale o il Molise nuovo, catalogati e incollati in un album dalla tua mamma.
Ti chiesi com’era aver passato tutta la vita da moderato ed essersi ritrovato con una fama di eretico e di estremista, un po’ come Oscar Luigi Scalfaro. Hai detto: “Io sono un moderato, come lo era Montanelli. Però abbiamo sempre avuto un principio: che con i comunisti, con i quali non avevamo nulla in comune, avevamo fatto la Resistenza al fascismo, mentre con la destra non avevamo nulla in comune, perché la destra è il fascismo. Questo significa essere estremisti? Io la chiamo coerenza, ma può darsi che sia difficile spiegarlo”.
So che non vuoi cerimonie e non vuoi preghiere. Non so se rispetterò il secondo desiderio, mi fermo qui per rispettare almeno il primo. È stata una vera fortuna lavorare con te.
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