(questo articolo è uscito sull’Unità di oggi)
Difficile che sapremo mai che cosa si sono detti lunedì pomeriggio, nell’abitazione dell’ex presidente della Cei, Angelino Alfano e il cardinale Camillo Ruini. Ma anche questa visita riservata, di cui nessuno doveva venire a conoscenza, è a suo modo un segno dei tempi. Non era infatti il Cavaliere a varcare la soglia di Monsignore, già regista di mille manovre e storico patrocinatore del bipolarismo a prevalenza berlusconiana della seconda repubblica, bensì il delfino sconfitto e declinante, il segretario già candidato alle primarie e ora in piena umiliante ritirata. Che Ruini abbia offerto ad Alfano la sua vicinanza spirituale, o che gli abbia suggerito qualche estremo argomento per provare a fermare il ritorno del Cavaliere, o che infine – ed è l’ipotesi più intrigante – Angelino sia andato per chiedere consiglio su qualche difficile via d’uscita per sé e per chi, nel Pdl, non intendesse rimanere sotto le macerie del “muoia Sansone con tutti i Filistei” berlusconiano, paradossalmente poco cambia: per la Chiesa italiana, il Silvio Berlusconi di oggi non è più un interlocutore proponibile. Continua a leggere