Un anno a Youdem, le cose che ho imparato

Mancavano pochi giorni a Natale, un anno fa, quando arrivò la nominescion: “Il segretario dice se ti va di venire a dirigere Youdem”. Per andare a regime a dire il vero poi bisognò aspettare marzo (elenco delle cose che ho imparato in un anno al Pd, 1: per fare le cose al Pd ci vuole il suo tempo). Youdem, la creatura di Veltroni, tv satellitare nata in pochi giorni un anno prima facendo alzare più di un sopracciglio. Si narra, e chissà se è leggenda, che qualche ultrà bersaniano, in campagna congressuale, l’avevano ribattezzata perfidamente Chiudem, tanto per capirci. Ma diventato segretario, Bersani aveva deciso l’opposto (elenco delle cose che ho imparato in un anno al Pd, 2: il segretario decide da solo, e quando ha deciso ha deciso). Continua a leggere

I probiviri di via Solferino

In nome (per carità) dei principi liberali e del diritto al dissenso contro tutti gli “stalinismi”, il Corriere della sera oggi equipara arditamente il caso Granata e il caso Veronesi. Il qualunquismo con cui vengono accostate la denuncia di rapporti non chiari con la criminalità organizzata all’interno del Popolo della libertà (denuncia che nonostante gli scrupoli garantisti dell’editorialista di via Solferino non appare del tutto campata per aria) e quella delle condizioni alle quali un senatore del Pd può accettare una nomina al vertice di un’Authority, ma soprattutto il paragone tra le modalità di discussione e la qualità del dibattito democratico nei due principali partiti italiani, può far ridere o può indignare, ma qui vorrei provare a farne lo spunto per una riflessione di fondo.  Continua a leggere

A modo nostro – La nota introduttiva di Francesco Cundari per Highlander

La retorica della memoria è un tratto tipico della cultura di
sinistra, ma suona spesso fasulla. Ed è (quasi sempre) molto noiosa. I
due difetti sono legati da una stretta relazione di causa ed effetto,
ovviamente. Fateci caso: quanto più, a parole, un politico indulge
nella retorica della memoria (e nel suo inevitabile corollario sui
“valori” di cui la Storia, con la maiuscola, darebbe altissimi
esempi), con quanta più enfasi esorta le nuove generazioni a trarre
ispirazione e insegnamento dal passato, sempre con il tono e con gli
argomenti di una brava maestra che porti la sua scolaresca a visitare
un museo, tanto più si può scommettere che proprio lui, non appena ne
avesse la disponibilità, si rivelerebbe il più accanito persecutore di
ogni uso, costume e simbolo tradizionale della sua comunità. La
pretesa di imbalsamare la storia in una natura morta di valori
immutabili, in una galleria di statue di gesso da visitare in
silenziosa e riverente ammirazione, non per caso va di pari passo con
la retorica, solo apparentemente opposta, dei grandi cambiamenti, del
nuovo che avanza e delle vecchie idee ormai del tutto inservibili per
comprendere il mondo di oggi. Se ne potrebbe ricavare una legge
matematica: dato un certo numero di occorrenze, nei discorsi ufficiali
di un leader politico, delle parole “memoria” e “valori”, si può
disegnare con ragionevole approssimazione la curva esponenziale della
furia iconoclasta che presto o tardi finirà per abbattersi sul suo
partito. Continua a leggere

Alle origini del nostro futuro. La prefazione di Pier Luigi Bersani per Highlander

Prefazione

di Pier Luigi Bersani

 

Se si va dai “vecchi” è sempre per cercare un senso da dare alle cose, perché abbiamo nella testa qualcosa da sistemare, per trovare un punto di vista da cui guardare in avanti. Bisogna dire che quel senso, nelle interviste di questo libro, si trova. Dei colloqui con gli Highlander la cosa che più colpisce è la freschezza di pensiero che raccontano. E io credo che questa freschezza derivi dal fatto che la fase decisiva della vita, per tutti loro, è coincisa con la gioventù: è una “questione generazionale” fatale e drammatica quella che li accomuna, perché a volte capita che sia la storia a decidere la vita degli uomini. Questa generazione, quella degli Highlander, ha avuto una maturazione molto rapida, ha dovuto compiere scelte tanto precoci quanto drammatiche. E perciò in qualche modo è rimasta giovane com’era allora per sempre. Continua a leggere

Lo strano nuovismo dei popolari

Che cosa sta succedendo ai popolari del Partito democratico? “Malumori”, “sofferenze” e “malesseri”: la presenza nel Pd della fazione più consistente degli ex democristiani – quella, per intenderci, di osservanza non bindiana né lettiana – viene ormai raccontata con i termini di una diagnosi infausta. È una vecchia tattica da animali politici: si prende un tema del tutto marginale (le infiltrazioni della massoneria), o già risolto e archiviato (il nome delle feste del partito), o palesemente pretestuoso (se sia meglio manifestare contro la manovra in una piazza o in un palasport, se sia meglio fare proposte o limitarsi alla protesta). E non importa se il primo spunto viene offerto da due-casi-due di assessori (forse) affiliati a società segrete, di cui uno, si noti bene, assessore in un comune di 3600 anime; non importa se il secondo spunto è una non-notizia, perché il nome della festa di Roma, vera passerella del potere veltronian-bettiniano e di ciò che restava del rutellismo, in questi anni, non era mai cambiato: festa dell’Unità, e nessuno si era fin qui sognato di contestarlo; non importa se è evidente che non si possono portare decine di migliaia di persone in piazza del Popolo alle tre del pomeriggio alla fine di giugno. Niente: si passa parola, si comincia a martellare, se ne fa una questione identitaria di importanza decisiva. Il successo è assicurato con poca spesa: se chi comanda reagisce, posso dire che ho vinto. Se tutto tace, posso continuare a fare la vittima, con più visibilità.  Continua a leggere

Highlander, una trasmissione per giovani. La mia introduzione

Ai miei genitori

La serie degli Highlander è soggettiva, contingente, parziale. Qualcuno non c’è perché purtroppo era alle prese con una salute troppo malferma. Qualcuno perché – magari solo per quelle settimane – era troppo esposto sui giornali e alla tv. Qualcuno perché non ho insistito abbastanza, altri perché non ho osato. Qualcuno perché era troppo difficile da raggiungere, lontano da Roma. Qualcuno perché mi è venuto in mente dopo. Qualcuno perché, accidenti, se n’era andato prima: Leopoldo Elia più di tutti, con cui non avrei mai immaginato di poter sentire tanto l’urgenza di parlare. Una chiacchierata con Elia sull’Italia e sulla politica, nel suo appartamento con tutte le stanze piene di libri fino al soffitto, che meraviglia sarebbe stata. E invece. Continua a leggere

Incontro con Federico Orlando

Incontro con Ignazio Contu

Intervista al segretario generale della Fondazione Fanfani, Ignazio Contu sulla politica della Dc negli anni 80.

Incontro con Giorgio Frasca Polara

Intervista a Giorgio Frasca Polara, ex portavoce di Nilde Iotti e giornalista decano della stampa parlamentare.

Incontro con Giovanni Galloni

Intervista a Giovanni Galloni, esponente storico della sinistra Dc ed ex ministro nei governi Goria e De Mita.