Un anno a Youdem, le cose che ho imparato

Mancavano pochi giorni a Natale, un anno fa, quando arrivò la nominescion: “Il segretario dice se ti va di venire a dirigere Youdem”. Per andare a regime a dire il vero poi bisognò aspettare marzo (elenco delle cose che ho imparato in un anno al Pd, 1: per fare le cose al Pd ci vuole il suo tempo). Youdem, la creatura di Veltroni, tv satellitare nata in pochi giorni un anno prima facendo alzare più di un sopracciglio. Si narra, e chissà se è leggenda, che qualche ultrà bersaniano, in campagna congressuale, l’avevano ribattezzata perfidamente Chiudem, tanto per capirci. Ma diventato segretario, Bersani aveva deciso l’opposto (elenco delle cose che ho imparato in un anno al Pd, 2: il segretario decide da solo, e quando ha deciso ha deciso).

Momenti più brutti dell’anno: dopo le regionali. Quella sera, quando si andò a casa e avevamo perso il Lazio per pochissimo (ma il Lazio era perso in partenza, ed era tornato giocabile solo per gli incredibili pasticci commessi dal centrodestra al momento della consegna delle firme) e il Piemonte per novemila voti, praticamente un condominio, e sapevamo quanto era importante vincere il Piemonte. La mattina dopo, quando Repubblica titolò che aveva vinto Berlusconi, e la mattina ancora successiva, quando il titolo di Repubblica fu: “Processo a Bersani”. Dissi e scrissi che la vittoria di Berlusconi non c’era, e venni molto presa in giro. Lo scrivo anche qui, volendo mi si può prendere in giro di nuovo, ma secondo me ora è un po’ più difficile: la vittoria di Berlusconi non c’era e il processo a Bersani lo aprì Repubblica, condizionando fortemente – come sempre avviene – il dibattito interno al partito e per così dire la sua percezione di sé, ed è una grave responsabilità di quel giornale averlo fatto. Quelle elezioni non furono la vittoria di Berlusconi, ma l’inizio di un processo che avrà una tappa fondamentale martedì alla camera, e non si compirà quel giorno: furono l’inizio della fine del berlusconismo. Milioni di voti persi dal Pdl, molti di più di quelli persi dal Pd, la Lega padrona del Nord, il paese tornato contendibile da parte di una coalizione di centrosinistra (purché) coesa e credibile. E la miccia di Fini accesa, una bomba pronta ad esplodere nel partito del premier. Altro che “Processo a Bersani”. (Elenco delle cose che ho imparato in un anno al Pd, 3: i giornali al Pd non risparmiano nulla, e spesso lo trattano peggio di come meriterebbe. Ma questa un po’ già la sapevo. Ci sarebbe anche un altro punto “non si deve mai criticare Repubblica”: ma quello non l’ho imparato).

Momenti belli, tanti, anche se è stato un anno difficile. Secondo me il discorso più bello Bersani l’ha fatto al Palalottomatica il 19 giugno, inedita manifestazione indoor contro la manovra aggiuntiva (dev’essere l’anno delle manifestazioni fuori stagione questo). Mi ricordo che mi ha fatto ridere e piangere, oltre che pensare, il “grigio” Bersani. Non sono riuscita neanche a rimanere seduta in platea, come ai concerti di Guccini quando alla fine ti alzi e vai giù, perché La locomotiva va cantata in piedi sotto il palco. Fra l’altro c’era dentro, per la prima volta, un fiero avvertimento alla classe dirigente e all’establishment italiano – “Sia chiaro che berlusconismo e conformismo saranno ugualmente responsabili dei prezzi che dovrà pagare questo paese!” -, c’era una requisitoria implacabile, un lungo elenco di tutte le promesse mancate di Berlusconi e Tremonti – “Bolle di sapone!”. Sarebbe stata anche roba divertente da raccontare, importante da sapere, no? Mi ricordo che il giorno dopo i giornali erano pieni solo di articoli sul fatto che un attore coraggioso e generoso, Fabrizio Gifuni, nel suo bellissimo intervento sulla cultura vittima dei tagli del governo, aveva pronunciato la parola compagni, e che molto l’avevano applaudito, infastidendo qualcuno. Delle parole del segretario, dell’impatto delle sue parole sui presenti, quasi nulla. Scommetto che, a meno che non foste al Palalottomatica, non vi ricordate niente di quel discorso, vero? Infatti: non ve l’ha raccontato nessuno, a parte Youdem (a scanso di equivoci: era sabato, Europa la domenica non esce). Provate a cercare su Google “Bersani Palalottomatica 2010”: escono praticamente solo le polemiche sulla parola compagni, del discorso di Bersani ci sono quasi soltanto i video di Youdem. (Elenco delle cose che ho imparato al Pd, 4: i problemi di comunicazione del Pd hanno origine quasi sempre dentro il Pd. 5: però c’è sempre chi se ne approfitta).

Mi rendo conto che si potrebbe pensare al Pd come a un posto dove tutti stanno dalla mattina alla sera a guardare cosa scrivono i giornali: non ci sarebbe niente di più sbagliato. Da quello che ho potuto capire io, Bersani non dedica molto tempo alla lettura dei giornali, e difficilmente cambia umore per quello che c’è scritto. E però Europa mi ha chiesto una soggettiva su quest’anno dal punto di vista mio, non da quello di Bersani. Per questo stesso motivo mi si scuserà se non ho scelto il fortunato genere letterario “analisi dei problemi del Pd”, su cui comunque non dubito che mancheranno le occasioni di confronto. Mancano un paio di punti per completare l’elenco, direi. 6: il Pd è un posto dove si sta tendenzialmente bene, e il secondo piano di largo del Nazareno è forse il posto con la più alta concentrazione di dirigenti quarantenni o meno che quarantenni che c’è oggi in Italia. 7: avere qualche volta l’occasione di parlare con Bersani in privato è sorprendente: non ho mai visto un politico che dice così le stesse cose, proprio le stesse, in privato come in pubblico.

per Europa del 5 novembre 2010

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