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Elogio di Marta, la bugia che salva la vita

I personaggi che preferisco nel Vangelo sono quelli non perfetti. Possibilmente, gli imbroglioni. Per questo adoro Marta. C’è questo racconto drammatico, incredibile, della resurrezione di Lazzaro. Lazzaro è un amico di Gesù. Le sue sorelle sono Maria, quella che ha lavato i piedi di Gesù e li ha asciugati coi suoi capelli, e Marta.

C’è un precedente, e Marta se lo ricorda bene. Una sera Gesù era lì a casa, e lei preparava la cena. Maria se ne stava seduta ai piedi di Gesù ad ascoltarlo parlare. Che è una cosa che gli uomini adorano, ma poi dopo un po’ che parlano gli viene fame. Marta lo sa, e un po’ si scoccia: e dice a Gesù insomma, vedi che mia sorella non mi aiuta. Così lui le spiega che quella scelta da Maria è “la parte migliore”. E me l’immagino lei, Marta, mentre continua a spignattare e pensa: “E te credo”.  Continua a leggere

Gente un po’ brilla

“La Costituzione è quella cosa che i paesi si danno quando sono sobri, per quando saranno ubriachi. E qui in Italia, in questo momento, mi sembra che ci sia un sacco di gente un po’ brilla”.

(Sandra Bonsanti cita Gustavo Zagrebelsky sul Corriere di oggi. Non essere mai stata una seguace acritica dei “professoroni” di Repubblica, e anzi pensare che alcune delle cose che stanno succedendo i suddetti professoroni – e la suddetta Repubblica – se le meritano, non mi impedisce di trovare questa analisi del momento che viviamo davvero, davvero, molto lucida e sobria).

Carrai? Verdini? Ma non le fa il governo, le nomine?

Meno male che sono finiti i tempi di quell’orribile e vecchia partitocrazia. Perché sono finiti, vero?
Così leggo su Il Tempo di oggi, a firma Filippo Caleri:

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In bocca al lupo Debora, ma non è una buona soluzione

(questo post è uscito su Huffington post Italia)

Debora Serracchiani vicesegretario non è una buona soluzione per il Partito democratico. Non è un giudizio su di lei come dirigente politico, è un giudizio politico sulla scelta di Matteo Renzi. Il segretario ieri in direzione ha detto molte cose giuste, non scontate e condivisibili riguardo alla situazione che si è creata nel partito dopo la nascita del governo da lui guidato. Ha detto che serve una riflessione approfondita su questa situazione, che per la prima volta vede inverarsi il caposaldo dello statuto: la coincidenza tra la figura del segretario e quella del primo ministro.

Per la verità lo statuto, pudico, si limita a dire che il segretario del Pd è il “candidato” premier, quasi non osando prospettare che quell’ambizione diventi realtà. Eppure, sebbene per vie che difficilmente sarebbe stato possibile immaginare all’epoca in cui quelle righe furono pensate e scritte, alla fine è successo. (continua qui)

Lo strano caso dei nemici del bonus Letta

“Un partito normale ci farebbe i manifesti”, ho pensato stamattina vedendo questa pagina di Repubblica

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Insomma, la notizia c’è tutta no? Grazie a un amico con più memoria di me, più tardi, mi sono ricordata anche un fatto curioso. Questo decreto, infatti, era partito malissimo.
Addirittura con una lettera ai giornali che ne svelava un lato oscuro, odioso direi. Ecco la denuncia di una professoressa, pubblicata dai principali quotidiani il 27 giugno 2013, appena dopo che il decreto era stato varato.

Gentile redazione,
Insegno italiano in un istituto tecnico romano e sono commissario interno agli esami di maturità dei miei studenti.

In venti anni di servizio sono tante le cose che mi hanno dato soddisfazione, tanti gli studenti che imparando mi hanno insegnato delle cose. Tanti i sorrisi dopo le promozioni. Qualche più raro, ma impagabile, ringraziamento postumo.

Sono queste le cose che mi hanno dato la forza di continuare questo bellissimo mestiere anche di fronte alla scarsa considerazione professionale ed economica che segna la mia vita come quella di tutti i miei colleghi.

In questo periodo dell’anno è normale ricevere le telefonate da parte dei genitori dei ragazzi. È in gioco il loro futuro dei loro figli e capisco la preoccupazione di ogni genitore di far avere un voto migliore oppure evitare al ragazzo un ulteriore anno scolastico anche quando ce ne sarebbe il bisogno. A seconda del tono dei genitori alcune volte ho sorriso, altre volte mi sono arrabbiata perché sentivo invasa e violata la mia etica educativa. Ho sempre pensato di dover fornire ai miei studenti gli strumenti per affrontare la vita da adulto, per risolvere i problemi o le piccole e grandi complicazioni a cui sarebbero andati incontro una volta usciti da qui.

Ma stamattina ho ricevuto una telefonata che mi ha sconvolto.

Il padre di uno dei miei maturandi, che chiamerò Andrea, mi ha chiesto di bocciare il ragazzo. Andrea è stato uno studente molto volenteroso durante tutto l’anno e non è tra quelli che rischiano in alcun modo la bocciatura. Figlio di una famiglia dignitosa della periferia romana si è barcamenato con caparbia tra lo studio e il lavoro a nero in una pizzeria per aiutare la famiglia.

Non conoscevo il padre del ragazzo e inizialmente pensavo stesse scherzando. Solo dopo le sue insistenze accorate ho capito che diceva sul serio. Mi ha spiegato che i proprietari del ristorante dove Andrea lavora gli hanno assicurato che potevano finalmente assumerlo in maniera stabile grazie alla nuova legge sul lavoro in cui le agevolazioni sono però riservate unicamente a ragazzi senza diploma.

Non sono stata in grado di rispondere, per la prima volta in vita mia mi sono fermata a riflettere sulla mia funzione di educatrice. Un dilemma che non riesco a sciogliere: devo continuare a svolgere il mio ruolo con serietà o non è più giusto assicurare al ragazzo un lavoro stabile e bocciarlo? In fondo come mi ha spiegato il padre, Andrea si può tranquillamente diplomare il prossimo anno avendo però la fortuna di avere già un lavoro.

Io non so davvero cosa fare e spero di essere incappata in un caso limite. Mi chiedo però come sia stato possibile concepire una legge che premiando i giovani privi di diploma rischia di incentivare l’abbandono scolastico. È l’ennesima umiliazione del mio lavoro come di quello di tanti colleghi che nonostante tutto buttano il cuore e l’anima oltre le carenze strutturali della pubblica istruzione. Mi domando a questo punto quale senso abbia il mio lavoro.

27 giugno 2013

Brutta storia no? Un vero marchio d’infamia, per di più certificato da una contrita professoressa. Il giorno dopo, però, colpo di scena: non c’è nessun Andrea.

Ieri Repubblica -come altri quotidiani – ha ricevuto questa lettera, che ha oggi pubblicato e sottoposto sul sito al commento dei lettori. Prima, il nostro giornale ha fatto controlli sul mittente – come si fa in questi casi – e si è fidato delle risposte avute. Nel pomeriggio il comunicato di un’agenzia di comunicazione che rivela di aver inventato tutto. E se ne vanta anche.

Sportivamente, anche Massimo Gramellini, che al triste caso di Andrea e della sua professoressa aveva dedicato addirittura un Buongiorno sulla prima pagina della Stampa, confessa l’abbaglio, dando conto anche della lettera di smentita:

«Ciao, la lettera sul pizzaiolo costretto a scegliere fra posto fisso e diploma di maturità (pubblicata da alcuni giornali e da cui è stato tratto il Buongiorno di ieri, ndr) non è stata una professoressa a scriverla. E’ opera della nostra agenzia. Abbiamo confezionato una storia da dare in pasto ai media, creato un indirizzo di posta ad hoc e inviato la mail ai tre principali quotidiani italiani con preghiera di non pubblicare il nome dell’autrice. Era l’unico modo per sollevare una riflessione sull’assenza di politiche economiche del governo. Sono certa che Gramellini saprà cogliere il senso di questa operazione che non è pubblicitaria, ma è una denuncia della situazione in cui versano le microimprese come la nostra». Chiara Ioele (Kook Artgency).

Ciao Chiara, sono Gramellini della Pirla Agency. Mi sono fidato di un’identità posticcia, che anche ieri mattina hai confermato con dovizia di particolari alla collega incaricata di intervistarti. Se nella lettera della falsa professoressa ci fossero stati riferimenti offensivi ad altre persone, avrei fatto controlli ulteriori. Invece ti ho creduto. Perché sollevavi un tema che mi sta a cuore: il divorzio, tutto italiano, fra lavoro e cultura. E perché la storia che raccontavi aveva il sapore della vita vera. Sono stato un ingenuo, ma se non mi fidassi – entro certi limiti – della buona fede di chi mi scrive, magari ci saremmo persi la storia di Gabriele Francesco – il neonato abbandonato sotto un traliccio – e quella di Pasquale, il pensionato a cui non aveva mai scritto nessuno. Continuerò a coltivare la mia ingenuità: fa comunque meno danni del cinismo.

Eppazienza, direte voi. Cose che capitano, appunto, anche ai migliori. E tuttavia a ripensarci, che storia eh. Doveva averne di nemici il governo Letta. Perché mo’ a ripensarci, absit il cinismo per carità, ma sarà stata davvero tutta un’iniziativa autonoma di questa Kook Artgency? Che va bene essere specialisti di “comunicazione non convenzionale”, ma per quanto anticonvenzionale vuoi essere: mica lavori gratis.

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No Matteo, D’Alema e Fassino non sono tuoi predecessori

Non è per fare la guastafeste in questa che giustamente Matteo Renzi ha definito una “giornata speciale”, quella in cui finalmente il Partito democratico va ad abitare in quella che è giusto che sia la sua casa in Europa, e nemmeno per polemizzare come al solito. Il perché è un altro, ma ve lo spiego alla fine.

Penso – e mi dispiace – che Matteo Renzi, all’inizio di questo discorso, nel pur generoso ringraziamento “ai suoi predecessori”, abbia commesso una gaffe

No Matteo D’Alema e Fassino, a differenza di Pierluigi Bersani, non sono tuoi predecessori alla guida del Pd. Non è una cosa dicibile questa nel nostro partito. E sai perché? Perché altrimenti ha ragione Castagnetti, e ha ragione Fioroni che ha votato in direzione contro l’ingresso del Pd nel Pse. E siccome io penso di no, che non abbiano ragione, e siccome lo penso probabilmente da prima di te (perché qualche tua dichiarazione contro l’ingresso del Pd nel Pse, non ti credere, in giro si trova (mie no), allora mi preoccupo, e mi arrabbio anche. Io conosco benissimo i meriti di D’Alema e Fassino nel percorso che abbiamo fatto: straordinari, come quelli di Bersani negli ultimi anni. Ma definire D’Alema e Fassino tuoi predecessori alla guida del partito è una mancanza di rispetto verso molti di noi. E purtroppo è una gaffe autolesionista, che dà argomenti all’unica critica possibile a questa (sacrosanta) operazione del Pd nel Pse, una critica che molti dei tuoi amici, gente vicinissima a te molto più che a me nel partito, sta infatti facendo alla nostra scelta di oggi: cioè di aver ammaccato la nostra originalità culturale, di aver ridotto le nostre ambizioni e di essere in totale continuità con la storia Pci-Pds-Ds. In pratica, l’argomento principale usato in questi anni contro di noi da Berlusconi: ecco un altro a cui, mannaggia, dai ragione.

Se volevi citare i tuoi predecessori, Matteo, cosa che è sempre bella, allora semmai dovevi nominare anche Dario Franceschini, uno che viene dalla nostra stessa storia (in questo caso per nostra intendo mia e tua) e che da segretario decise, cinque anni fa, che gli eletti del Pd in questa legislatura europea si sarebbero iscritti al gruppo del Pse. Una decisione non scontata e non facile, specialmente per un segretario di provenienza non diessina, e una tappa fondamentale di questo percorso.

Ecco perché mi sono arrabbiata. E se ho deciso di scriverlo è perché oggi al congresso c’è stato quest’altro momento molto bello, e io sono d’accordo con Zita Gurmai, la presidente delle donne socialiste: se non rispettiamo il passato (anche il nostro), non abbiamo futuro.

Godi Fiorenza, poi che se’ sì grande (che per Matteo e per Dario batti l’ali)

Quindi, riepilogando: Dario Nardella era uscito dalla giunta comunale fiorentina un anno fa per fare il deputato. Ieri Dario Nardella è stato rinominato in giunta e immediatamente ha assunto la carica di vicesindaco e reggente (restando deputato? Sì, mi pare che ieri la camera non si sia riunita per votare dimissioni). C’era una vicesindaco di Firenze in realtà, Stefania Saccardi: ma proprio ieri (combinazione!) c’è stato un rimpasto di giunta (regionale) e la Saccardi s’è trasferita lì, ìn Regione.
Dopodiché proprio Nardella si accinge a candidarsi a sindaco di Firenze (in bocca al lupo, penso che per lui sia anche un sacrificio e che avesse fatto programmi di vita diversi), e probabilmente non ci sarà tempo, in tutta questa confusione, di fare anche le primarie. Forse nessuno le chiederà, tra l’altro. Pare che un altro aspirante candidato sindaco infatti, Eugenio Giani, si sia convinto (sempre ieri) di avere buone possibilità di fare il sottosegretario (c’è gente molto intuitiva in giro).
Secondo Sebastiano Messina, su Repubblica, la giornata di ieri dimostra quanto è rapido, efficiente, spiazzante e smart in sindaco uscente di Firenze, autore di una vera e propria “mossa del cavallo”. Secondo altri colleghi inviati in terra toscana tutto questo passa in secondo piano di fronte alla commozione di Matteo, alle sue parole su quanto è bello rischiare tutto per la buona politica e all’abbraccio commosso che ha voluto dare al suo barbiere Tony.
Veloce, va tutto molto veloce di sicuro. Secondo me ci si rimette qualcosa in eleganza, magari. E forse qualche collega solito a fustigare i costumi del ceto politico, ci rimette qualcosina anche in spirito critico.

Oggi non voto alle primarie (Ma sì, facciamoci qualche altro amico)

Dopo la messa, come al solito, sono passata davanti al gazebo. Ho fatto ciao con la manina a Luigi, che stava lì come tutte le altre volte, e questa volta ho proseguito.

Primo motivo. Penso che non abbia alcun senso fare le primarie per eleggere il segretario regionale di un partito, una scelta che interessa solo agli iscritti a un partito e non si vede a chi altro dovrebbe interessare. Tutte le critiche che rendono discutibile il ricorso a primarie aperte per l’elezione del segretario nazionale, nel caso dei segretari regionali acquistano talmente tanta forza che questo argomento non dovrebbe essere nemmeno messo in discussione. Prima che qualcuno me lo dica, che potevamo cambiarle queste regole, rispondo: se potevamo non lo so, non è detto che avremmo avuto la maggioranza per farlo. Ma sicuramente dovevamo provarci con più forza

Secondo motivo. Non è che io partecipi molto attivamente, ma sono iscritta a un circolo del Pd di Roma. Inoltre ho sempre votato a tutte le primarie, lasciando ogni volta mail e recapiti. Ebbene, non ho ricevuto alcuna comunicazione riguardo a oggi. Nessuna convocazione al gazebo, nessun invito a discutere, nessun annuncio di candidatura, nessuna dichiarazione di sostegno. Insomma, non saprei proprio per chi votare. E sinceramente, avendo sfogliato un po’ i giornali, visto che si trattava di schierarsi o coi renziani-con-Bettini o coi renziani-senza-Bettini non ho trovato interessante approfondire.

In bocca al lupo a chiunque sarà eletto, ma soprattutto al Partito democratico.

I Giorni bugiardi continuano (101 + 101 = 202)

(questo post è uscito su Huffington post)

Premessa: scrivo questo post per amore del Partito democratico e per fiducia nel suo futuro. Dirò cose spiacevoli, anche se mi converrebbe starmene zitta. Sarò lunga, e per questo procederò per punti. Il succo è questo: quanto avvenuto in queste ore è la prosecuzione ideale di quanto avvenne nei giorni dell’elezione del presidente della repubblica. Produce lo stesso effetto nei militanti del partito e negli elettori, amplifica e raddoppia l’effetto dell’altra volta. I 101 diventano, per così dire, 202. Con questa affermazione non voglio alludere al fatto che si tratti dell’opera delle stesse persone o che vi sia una continuità tra questi due fatti politici (anche se certo l’ipotesi non sembra da escludere a priori sul piano logico). Ma andiamo in ordine.  Continua a leggere

Cari intellettuali, bisogna saper scegliere in tempo però

(questo post è uscito su Huffington post Italia)

Non ha pietà Pigi Battista sul Corriere di oggi, e un po’ ha ragione però, a sfottere gli intellettuali del “firmamento”: professori, cantanti, scrittori, opinionisti sempre con l’appello in canna, alle prese con l’imbarazzo di aver firmato nel marzo scorso accorati richiami alla responsabilità di governo indirizzati allo stesso Beppe Grillo che oggi si trovano a dover accusare di sessismo, eversione e altra barbarie.

Ognuno si difende come può. La maggior parte si scorda o’ passato e intinge la penna nell’usato calamaio dell’indignazione, Barbara Spinelli invoca la libertà di pensiero critico, Remo Bodei, sul Corriere di oggi, nasconde la trave della propria umiliazione dietro il comodo schermo dell’umiliazione di Bersani: insomma, è la filosofia del filosofo, non sono quelli “del firmamento” ad aver preso la cantonata, ma è stata “la delegazione del Pd” (no professore, quello era il presidente del consiglio incaricato che faceva la consultazioni) ad aver “tirato troppo la corda” durante lo streaming coi 5 stelle, quando avvertiva gli stessi grillini su cosa avrebbe comportato rifiutarsi di mettere in gioco il consenso elettorale ricevuto nel tentativo di formare un governo ottemperando al mandato del presidente della repubblica.

E però il punto è proprio questo. (continua qui)