Indice: Politica

E invece è proprio una questione di bandiere

Visto che se ne continua a parlare, volevo dire una cosa su questa storia della Leopolda e sul fatto che “il problema non sono le bandiere in sala, sono le croci sul simbolo nelle schede”, mi pare. Premetto che forse non è stato adeguatamente osservato quanto questa risposta di Matteo alla polemica sulle bandiere non abbia alcun senso; è un po’ come ribattere a uno che ti fa una critica: “te e tua sorella”. Suona bene, è efficace, rende difficile ogni replica ma non significa assolutamente nulla sul piano logico. Semmai anzi è proprio contraddittoria: cosa si vota sulle schede? Un simbolo. Come si fa a aumentare il consenso su un simbolo senza promuoverlo? Lo dico non per puntiglio, ma perché spesso le risposte di Matteo sono così: tanto efficaci quanto insensate.

Tuttavia quello che mi interessa dire è un’altra cosa. La prendo un po’ da lontano, ma ci arrivo. Della Leopolda, molti possono immaginarselo, mi hanno urtato e ferito molte cose: certi silenzi, certi applausi, certe parole. Paradossalmente però, purtroppo, invece di tante cose ben più pesanti e volgari, mi hanno ferito più di tutte le parole di una persona a cui voglio bene e che credo anche voglia bene a me, David Sassoli. Che ha detto David? Ha detto, l’ho letto sulle agenzie, “è la prima volta che vengo qui alla Leopolda, questo è un vero congresso di un partito contemporaneo”. Non so bene cosa volesse dire, fossi stata lì gliel’avrei chiesto. So che io ho pensato: “Ma se quello è il congresso del nostro partito, perché io e tanti altri non ci siamo?”. So che mi son chiesta: ma come si fa ad associare all’idea di congresso una cosa dove in premessa ci stanno solo persone che la pensano allo stesso modo? O meglio, visto che pensarla allo stesso modo è una parola grossa, dove in premessa ci stanno solo persone che hanno deciso di appoggiare una certa leadership? E’ questa l’idea? Sono sicura di no, almeno nel caso di David, e però mi pare strano che gli sia venuto in mente di alludere a questa coincidenza tra l’idea di partito e l’idea dei supporter di un capo. Continua a leggere

Emorragia o boom, il problema sono sempre gli iscritti (al Pd)

Insomma nel Pd è “boom di tessere sospette”, scrive oggi Repubblica. Una notizia molto seria, niente affatto inventata, documentata da circostanze precise e inquietanti, con tanto di provvedimenti presi dal Pd nazionale per verificare la gravità dei fenomeni. Un bel pezzo, come altri su altri giornali. Un pezzo che però mi ha fatto ridere. E come mai tutto sto cinismo, direte. No, è perché mi son ricordata una cosa.

Mi sono ricordata di quando, qualche mese fa, i giornali erano pieni di pezzi sul Pd intitolati alla clamorosa notizia del “crollo del tesseramento”, all’allarme sull'”emorragia degli iscritti”, e ci si interrogava sui motivi di questi abbandoni, si descrivevano i militanti esasperati, i dirigenti allarmati. E mi ricordo, era giugno o luglio, mi ricordo che io pensavo a quello che avrei scritto quando poi a ottobre sarebbero usciti i pezzi sul boom sospetto delle tessere. E mica perché ho la palla di vetro, sapete. Semplicemente perché basta mettere in fila i fatti, se si sanno. Continua a leggere

Giornalisti seduti di qua e giornalisti seduti di là

Ieri sera, cosa che non faccio spesso, mi sono vista – in quanto era ospite un noto ex segretario di un partito a me caro – tutta una puntata di un noto talk show, quello del Piubravoditutti, e ho pensato delle cose che avevo già pensato anche altre volte. Da anni, mi pare proprio per iniziativa del Piubravoditutti, che è il più bravo di tutti davvero, è invalsa la prassi di suddividere i giornalisti ospiti in “giornalisti seduti di qua” e “giornalisti seduti di là”. La prassi è invero discutibile, nel senso che meriterebbe di discuterne, anche se magari poi alla fine si potrebbe anche concludere che in fondo è giusta: ognuno è responsabile di quello che scrive e di dove si siede, se gli fa piacere sedersi. Io sono abituata a far capire chiaramente e onestamente da che parte mi siedo, per esempio, e non mi sento per questo meno giornalista di altri (che però fuori dallo studio del Piubravoditutti si offendono se gli dici che stanno seduti da una parte o dall’altra: vabè). Tuttavia, discutibile o no, non mi pare che nessuno, soprattutto di quelli a cui capita più spesso di essere invitati a sedersi di qua o a sedersi di là, tale prassi abbia mai messa in discussione o contestata. Ormai lo fanno tutti, più o meno, e va bene. Però appunto, pensavo.  Continua a leggere

Cambiare direzione, cavarsela da questa situazione

No ma l’avete sentita questa? Roba che io ve lo dico, da oggi tutta la vita: PAPPAPAPPAAAAAA’ PAPPAAAAA’, PAPPAPAPPAAAAA’ PAPPAAAA’, PAPPAPPAPPAAA’ PAPAPPAPPAPPAPPA’

“Cambiare tutte le ragioni
che ci hanno fatto fare gli errori
non sarebbe neanche naturale” 

Giorni bugiardi s’annunciano

Niente, è da un po’ che non scrivo niente qui sopra e vi volevo dire il motivo. E il motivo è questo, ecco: arriva il 6 novembre.

C’è ancora un sacco da fare, da arrabbiarsi, da soffrire, da togliersi soddisfazioni. Poi, finalmente, toccherà a voi, e potremo parlarne insieme. Intanto, pensando a come dirvelo, m’è venuto come al solito in soccorso Nonno Aldo. Che anche se di Giorni bugiardi bisogna parlare, noi sempre gente con i Tempi nuovi nel cuore siamo. Il resto non ve lo posso ancora dire. (Ma Moro non c’entra. Ma c’entra).

Mai dissentire dai dissidenti

Pubblicare un articolo in cui si esprime e si motiva un’opinione sulle recenti vicende parlamentari, e in particolare sui reiterati voti in dissenso dal gruppo di alcuni eletti del Partito democratico. Nessun riferimento, nessuna offesa, nessuna accusa. Allegare la testimonianza di un anziano ex senatore, che con tono pacato mi raccontò anni fa, in tempi non sospetti, un paio di vicende che avevano riguardato la sua breve stagione da parlamentare.

Risultato: accuse di aver lanciato “minacce” e di aver scritto un pezzo “scandaloso”. Insulti e aggressioni varie genere “una come te non dovrebbe occuparsi di comunicazione ma fare la mondina”. Commenti in calce equamente suddivisi tra i seguenti due argomenti:

1) tu guadagni troppo e quindi non dovresti parlare;

2) tu dirigi la televisione del Pd e quindi non dovresti parlare.

Ora, premesso che con questo principio la maggior parte degli editorialisti dei quotidiani e delle firme più o meno note in Italia avrebbe molto meno diritto di scrivere di me, io il primo argomento paradossalmente lo accetto: se a qualcuno rode per via del mio (temporaneo) stipendio magari ha pure il diritto di farmelo sapere, anche se io non ci posso fare niente e non posso certo smettere di lavorare per non irritarlo. Il secondo però è curioso: l’idea cioè che la qualità richiesta a un giornalista sia quella di NON ESPRIMERE le proprie opinioni, piuttosto che quella di esprimerle e argomentarle. Del resto ne avevamo già parlato qui e successivamente qui.

Però una cosa non immaginavo, sul serio: che i difensori del diritto al dissenso provassero tanta violenta insofferenza (sì, esiste anche la violenza verbale) verso chi prova a dissentire da loro.

Statuto Pd, proposta urgente di modifica

Dice Matteo Renzi che l’articolo 3 punto 1 dello statuto, quello che dice che il segretario del Pd è candidato premier, non si può modificare. In realtà quell’articolo era stato già modificato ma ora non ricordo bene, sicuramente Matteo Renzi non era d’accordo. Dice però anche, Matteo Renzi, che lui si guarda bene dal candidarsi a segretario del Pd per cambiare il Pd, no lui si candida a segretario del Pd per cambiare il paese. Immagino la faccia dei tedeschi a leggerlo sulla Faz, che la Germania è un posto all’antica dove i partiti hanno dei segretari che fanno i segretari del partito. Ma prendiamone atto.
A questo punto, Matteo Renzi una volta eletto segretario del Pd potrebbe:
a) nominare un reggente/coordinatore/vicesegretario che si occupi al suo posto del Pd;
b) indire le primarie per eleggere un “qualcosa del Pd” che guidi il Pd in vece del segretario;
c) convocare il congresso del Pd.
Prevedo un bel dibattito. Nel frattempo però mi pare inevitabile che proprio per adeguarsi alla linea del nuovo predestinato segretario ed evitare una contraddizione insanabile – perché qui la scelta è tra o modificare lo statuto del Pd o modificare la logica aristotelica, e per quanto sia difficile conseguire il primo obiettivo, il secondo è ostico davvero – il Pd proceda immediatamente alla modifica del punto statutario in questione. Che propongo venga riformulato così:
“Articolo 3 punto 1: Il candidato premier è segretario del Pd”.

La vera doppia morale

(questo post è uscito su Huffington post Italia)

Piccola nota a margine dei due fatti di oggi, la condanna di Berlusconi e il cosiddetto caso Idem, tra le tante cose che ci sarebbero da dire e si diranno. Non intendo fare lo sciacallo antiberlusconiano né il difensore d’ufficio di Josefa, e vorrei che queste brevi osservazioni venissero lette con tutta la possibile serenità. Anzi facciamo così: di Berlusconi non parliamo proprio. Il fatto è che qualcosa non mi torna.

Si è detto spesso in questi giorni: la Idem non è Scajola (intendendo: non è incolpata di niente di così grave come i sospetti che portarono alle dimissioni del ministro Pdl, anzi non è incolpata proprio di niente al momento, e comunque nel merito c’è un abisso) ma non si possono fare sconti sulle regole. “Nessun doppio standard” ha detto giustamente in tv il presidente del consiglio. Bene. (continua qui)

Oddiocheppalle: un pezzo sulle regole del congresso Pd

(questo post è uscito su Huffington post)

Questo è un post sulle regole del congresso del Pd. Immagino già le facce e gli “oddiocheppalle”. Il punto però è che anche se tutti sono convinti che non si parli d’altro da settimane, non sono affatto sicura che tutti abbiano capito di cosa si parla.

In molti si spazientiscono a sentir parlare di regole. Si dice “le regole ci sono, ce le abbiamo, facciamo sto benedetto congresso e non se ne parli più”. Si accusa chi parla di regole di essere un burocrate che non coglie il punto politico, di voler temporeggiare o peggio di avere paura della democrazia e della partecipazione. E però io non lo so se tutti le conoscono così bene come pensano, queste regole.

Lo statuto del Pd prevede un meccanismo di elezione del segretario che è stato sperimentato una sola volta, quando quattro anni fa venne eletto Bersani. Già allora emersero diverse perplessità e si alluse alla necessità di rivedere molte cose. Non lo si è poi fatto durante la segreteria Bersani, anche per il modo precipitoso con cui essa si è conclusa, ed è certamente una occasione mancata; però durante la segreteria Bersani sono successe altre cose su cui c’è ancora tempo di riflettere. Ma andiamo in ordine, e vediamole queste regole. (continua qui)

La costruzione di un partito

Volevo scrivere un post su perché domenica vado a votare e voto Pd, nonostante tutto. Nonostante il cuore gonfio e la sfiducia, e la malinconia. Nonostante i dubbi sul futuro, nonostante il molto che non mi piace nel presente. Poi ho provato a pensare alle parole che volevo usare, e quelle che mi sono venute in mente sono queste:

Voterò Pd per rispetto di me stessa e delle cose in cui credo. Per amore del mio lavoro, del mio paese e della mia città. Voterò Pd per fiducia nel futuro, nella politica e nelle persone. Voterò al primo municipio di Roma per Tommaso Giuntella e Maria Paola Pennetta, amici veri, persone di valore e di passione sincera. Al comune purtroppo dovrò scegliere tra due meravigliose donne, Michela Di Biase e Giulia Tempesta, giovani, capaci, generose e piene di passione. Voterò Ignazio Marino sindaco, anche se devo confessarvi che avrei voglia, con amicizia e con stima, di dirgli una cosa: “Ignazio, dai retta: non è Roma. E’ politica”.

E insomma avete capito, voto Pd come se dietro l’orizzonte ci fosse ancora cielo. E sì: se un giorno di questi deve crollare tutto, che almeno ci crolli addosso. Sono sparite le nuvole. Vado a piazza San Giovanni, e spero di incontrarvi là.