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Oggi non voto alle primarie (Ma sì, facciamoci qualche altro amico)

Dopo la messa, come al solito, sono passata davanti al gazebo. Ho fatto ciao con la manina a Luigi, che stava lì come tutte le altre volte, e questa volta ho proseguito.

Primo motivo. Penso che non abbia alcun senso fare le primarie per eleggere il segretario regionale di un partito, una scelta che interessa solo agli iscritti a un partito e non si vede a chi altro dovrebbe interessare. Tutte le critiche che rendono discutibile il ricorso a primarie aperte per l’elezione del segretario nazionale, nel caso dei segretari regionali acquistano talmente tanta forza che questo argomento non dovrebbe essere nemmeno messo in discussione. Prima che qualcuno me lo dica, che potevamo cambiarle queste regole, rispondo: se potevamo non lo so, non è detto che avremmo avuto la maggioranza per farlo. Ma sicuramente dovevamo provarci con più forza

Secondo motivo. Non è che io partecipi molto attivamente, ma sono iscritta a un circolo del Pd di Roma. Inoltre ho sempre votato a tutte le primarie, lasciando ogni volta mail e recapiti. Ebbene, non ho ricevuto alcuna comunicazione riguardo a oggi. Nessuna convocazione al gazebo, nessun invito a discutere, nessun annuncio di candidatura, nessuna dichiarazione di sostegno. Insomma, non saprei proprio per chi votare. E sinceramente, avendo sfogliato un po’ i giornali, visto che si trattava di schierarsi o coi renziani-con-Bettini o coi renziani-senza-Bettini non ho trovato interessante approfondire.

In bocca al lupo a chiunque sarà eletto, ma soprattutto al Partito democratico.

I Giorni bugiardi continuano (101 + 101 = 202)

(questo post è uscito su Huffington post)

Premessa: scrivo questo post per amore del Partito democratico e per fiducia nel suo futuro. Dirò cose spiacevoli, anche se mi converrebbe starmene zitta. Sarò lunga, e per questo procederò per punti. Il succo è questo: quanto avvenuto in queste ore è la prosecuzione ideale di quanto avvenne nei giorni dell’elezione del presidente della repubblica. Produce lo stesso effetto nei militanti del partito e negli elettori, amplifica e raddoppia l’effetto dell’altra volta. I 101 diventano, per così dire, 202. Con questa affermazione non voglio alludere al fatto che si tratti dell’opera delle stesse persone o che vi sia una continuità tra questi due fatti politici (anche se certo l’ipotesi non sembra da escludere a priori sul piano logico). Ma andiamo in ordine.  Continua a leggere

Cari intellettuali, bisogna saper scegliere in tempo però

(questo post è uscito su Huffington post Italia)

Non ha pietà Pigi Battista sul Corriere di oggi, e un po’ ha ragione però, a sfottere gli intellettuali del “firmamento”: professori, cantanti, scrittori, opinionisti sempre con l’appello in canna, alle prese con l’imbarazzo di aver firmato nel marzo scorso accorati richiami alla responsabilità di governo indirizzati allo stesso Beppe Grillo che oggi si trovano a dover accusare di sessismo, eversione e altra barbarie.

Ognuno si difende come può. La maggior parte si scorda o’ passato e intinge la penna nell’usato calamaio dell’indignazione, Barbara Spinelli invoca la libertà di pensiero critico, Remo Bodei, sul Corriere di oggi, nasconde la trave della propria umiliazione dietro il comodo schermo dell’umiliazione di Bersani: insomma, è la filosofia del filosofo, non sono quelli “del firmamento” ad aver preso la cantonata, ma è stata “la delegazione del Pd” (no professore, quello era il presidente del consiglio incaricato che faceva la consultazioni) ad aver “tirato troppo la corda” durante lo streaming coi 5 stelle, quando avvertiva gli stessi grillini su cosa avrebbe comportato rifiutarsi di mettere in gioco il consenso elettorale ricevuto nel tentativo di formare un governo ottemperando al mandato del presidente della repubblica.

E però il punto è proprio questo. (continua qui)

Statuto Pd, se sei sindaco non puoi fare il segretario (regionale)

Non so voi, ma io non conosco Luca Ceriscioli, anzi a dir la verità non l’avevo mai sentito nominare fino a ieri. Ceriscioli è un sindaco del Pd, sindaco di Pesaro. Non so se sia un bravo sindaco, ma è stato eletto per due mandati e quindi tra pochi mesi, terminato il secondo, non sarà ricandidabile. Ceriscioli non è un amico mio né un compagno di cordata, ho chiesto e mi hanno detto che alle primarie nazionali ha votato per Matteo Renzi. Bene, Ceriscioli si è candidato alla segreteria regionale del Pd delle Marche. Ha raccolto le firme e ha presentato la candidatura. Ieri quella candidatura è stata dichiarata inammissibile per incompatibilità con lo Statuto del Pd, ai sensi del paragrafo 2 del capitolo 21.

Siccome non ci credevo ho controllato, ed è vero. Se fai il sindaco non puoi fare il segretario regionale. Il capitolo 21 parla delle incompatibilità e definisce anche i criteri per le deroghe, ma le incompatibilità di cui al punto 2, dice il punto 8, non possono essere derogate: la commissione di garanzia, che ha escluso Ceriscioli, non poteva fare altro che quello che ha fatto. Non importa che il giorno della sua eventuale elezione, il 16 febbraio, Ceriscioli sarebbe stato un sindaco con gli scatoloni pronti per il trasloco nel suo ufficio in comune. Non importa che il Partito democratico abbia un sindaco, e un sindaco in procinto di ricandidarsi, addirittura come segretario nazionale. Lo statuto parla chiaro, dice. Peccato che nessuna persona normale lo capisca, dico io.

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Nellaggiungla della notifica. Una multa a Roma

Di solito con le raccomandate c’è poco da illudersi, e infatti anche questa era una multa: cinquantaquattro euro e rotti. La multa per divieto di sosta è una specie di rischio calcolato per chi lavora in centro e si muove in motorino; è il parcheggio a pagamento di fatto che la città ci offre a pochi passi dall’ufficio. Siccome però io le multe di solito le pago – così poi non ci penso più e smetto di rosicare – prima di arrendermi affronto il disordine di casa mia, perché il disordine non è un problema, devi solo capirne la logica. E infatti trovo la ricevuta: la multa l’ho pagata.

A questo punto dovrei chiamare il numero verde, c’è scritto. Zeroseizeroseizerosei. Il numero è simpatico, ma hai voglia ad attendere per non perdere la priorità acquisita: dopo un po’ mi arrendo e decido vabè, vado al comando dei vigili. Continua a leggere

Renzi – Cuperlo: non sono battute, è politica

(questo post è uscito su Huffington post Italia)

Io non credo affatto che quella battuta di Matteo Renzi, l’altra sera in direzione, sia stata una “caduta di stile”. Tantomeno credo che un politico di razza come il segretario del Pd non avesse colto – giusta o sbagliata che fosse – la strategia con la quale la minoranza si era presentata in direzione; una strategia che, superando i toni anche duri dei giorni e delle ore precedenti, puntava a capitalizzare alcune importanti novità trapelate nelle ultime ore sul merito della riforma elettorale – prima di tutto quel doppio turno, per quanto “eventuale”, che la fa somigliare un po’ di più alla proposta storica del partito – e ad aprire il confronto di merito su altri punti ancora problematici.

In questo quadro l’area Cuperlo aveva rinunciato a infilare una serie di interventi polemici su questo o quel punto, affidando solo al presidente del partito il compito politico di parlare per tutti; il che Cuperlo aveva espressamente dichiarato in apertura del suo intervento. A maggior ragione non credo alla versione della “battuta” o della questione stilistica. Credo che quella di Renzi sia una precisa strategia politica. (continua qui)

Lettera aperta a Marianna Madia

(questo post è stato scritto per Huffington post Italia)

Cara Marianna,

a suo tempo non lo dissi pubblicamente, ma tu lo sai: alle primarie per i parlamentari io ho votato per te. Conosci anche il motivo: avevo superato i pregiudizi dovuti al modo in cui ci era stata presentata la tua prima candidatura, e di quei pregiudizi un po’ mi sentivo colpevole. Avevo visto che da parlamentare ti eri concentrata su un tema, il lavoro, e ti eri impegnata con serietà e concretezza. Mi faceva anche piacere votare per una persona, e una donna, che si era dimostrata libera da settarismi e serena nei rapporti politici e personali.

Oggi però, nell’augurarti in bocca al lupo come responsabile lavoro del Pd, compito che non ho dubbi svolgerai egregiamente, sento il bisogno di rivolgerti qualche domanda, che ti faccio in pubblico perché mi pare che la cosa non riguardi solo me e te. Mi spiego. (continua qui)

Sul confronto su Sky, col senno di poi

Col senno di poi, senza criticare nessuno: forse il confronto tra i candidati alla segreteria del Pd non si doveva fare su Sky; sicuramente non si doveva fare così. Intendiamoci subito: ieri sera abbiamo visto dell’ottima televisione e anche degli ottimi candidati, ma complessivamente quello che abbiamo visto è stato umiliante. Non si doveva accettare che in tutta la serata i candidati alla segreteria del Partito democratico non dovessero rispondere NEANCHE A UNA DOMANDA sul partito: collocazione europea, organizzazione, ruolo degli iscritti, dei territori e degli eletti, nuovo gruppo dirigente e nuovi organismi, modalità di decisione e tutela del pluralismo, politica delle alleanze, comunicazione: in pratica (e in estrema sintesi) tutte le questioni con le quali hanno dovuto fare i conti tutti i segretari, i dirigenti e i militanti del Pd dalla nascita del partito a oggi.
Non dovevamo – e non dovremo mai più per nessun motivo al mondo – accettare cose come l’applausometro, il tasto verde, il televoto. C’è un limite alla perdita di qualsiasi dignità e solennità dei processi democratici. C’è un limite alla confusione di tutto con tutto. E c’è un limite anche all’inquinamento della percezione di chi guarda: un attimo dopo la sigla gli studi tv erano pieni dei personaggi più distanti dal target degli elettori delle primarie che si affannavano a stabilire chi era stato più “bravo” a scegliere la cravatta e a guardare la telecamera, a piazzare la battuta e a rispettare il gong. Le primarie, anche le primarie aperte a “tuttituttitutti” non sono questo, non è questa la gente che va a votare, non è così che ragiona e non è così che decide.
Detto questo, per me il confronto non sposta granché, i dati di ascolto dimostrano che l’hanno visto in pochi e quei pochi molto probabilmente hanno già deciso chi preferiscono e difficilmente cambieranno idea.
Prevengo la critica: lo dici perché voti Cuperlo eccetera eccetera: per me Cuperlo è andato molto bene ieri sera, proprio perché ha parlato al suo target elettorale senza fare errori e con molta efficacia; lo stesso, più o meno, hanno fatto gli altri, ma lui quella parte ha fatto e quella doveva fare.
Prevengo l’altra critica: però quando lo faceva Bersani eccetera eccetera: si può discutere di tutto ma scegliere un candidato premier non è e non può essere la stessa cosa che fare il congresso di un partito. Ne ero già convinta, ma dopo ieri sera ne sono molto più convinta.

Una domanda a chi mi insulta

Probabilmente è inevitabile che le primarie incattiviscano il confronto e generino spiacevolezze. Sulla rete poi, lo sappiamo, non c’è da spaventarsi se i toni degenerano, anche se è piuttosto spiacevole, specialmente quando a degenerare e a non rendersi conto di superare i limiti è qualcuno che conosci. Io del resto sono polemica e provocatoria, non ho nessuna intenzione di rinunciarci e sono disposta a pagare per questo anche qualche prezzo: sono fatta così e non saprei essere diversa. Offensiva, cerco di non esserlo mai, anche se qualcuno è tanto allergico alle critiche da catalogarle sempre tutte alla voce “insulti”. Ma appunto, ognuno ha il suo, di senso del limite. E io continuo a credere che anche se sui social non sembra, alla fine gli intelligenti siano più dei tifosi: da tutte le parti.

In merito alle aggressioni volgari e insultanti che ritengo di avere subito in questi giorni sui social network – aggressioni in fase di aumento mi pare, ma per fortuna all’8 dicembre manca poco e poi magari qualcuno si rilassa – voglio dire solo una cosa, e poi fare una domanda, una domanda che nasce più dall’inquietudine che dal risentimento.  Continua a leggere

Larghe intese, quegli scoop senza logica

Ho aspettato un bel po’, perché se hai scritto 250 pagine poi non è che può succedere che intervieni per commentare chi le commenta. Però scusatemi, c’è un limite. Troppa gente che non ha letto, troppe teorie senza senso. Ieri sera, alla presentazione di Giorni Bugiardi, non è stata rivelata nessuna storia inedita sulla nascita del governo di larghe intese. E arrivati a  un certo punto la fantasia di molti, in gran parte dichiarati “non ancora lettori” del libro mio e di Stefano Di Traglia, sta galoppando fino a raggiungere livelli francamente offensivi.

Per cui, una volta per tutte: non ha alcun senso la versione secondo cui Bersani avrebbe fatto finta di voler formare un governo di cambiamento solo per poi poter fare digerire alla gente del Pd un governo con Berlusconi. Se Bersani avesse voluto un governo di larghe intese, lo avrebbe fatto lui, accettando le offerte del Pdl e le pressioni di gran parte degli osservatori: è incredibile doverlo ripetere tanto è chiaro, ma Bersani ha rinunciato alla presidenza del consiglio, lo ha fatto in maniera limpida e pubblica, pur di non fare un governo di larghe intese. E se anche Bersani avesse voluto un governo di larghe intese fatto da un altro, non avrebbe avuto alcun bisogno di costruire le cose in quel modo, sopportando offese e critiche malevole e finendo tradito e dimissionato da chi evidentemente proprio per le larghe intese lavorava, e quindi contro di lui, contro la sua segreteria e la sua leadership. Chi sostiene queste cose dice assurdità prive di senso logico.  Continua a leggere