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E va bene, razionalizzatelo sto Pd. Però diteci la verità

I numeri sono numeri, e quelli sugli iscritti e i circoli del Pd che riporta Tommaso Ciriaco su Repubblica di oggi, in un articolo precipitato rapidissimamente nella parte bassissima del sito del giornale, lasciano poco spazio ai dubbi: sono numeri da allarme rosso. Quando nell’autunno dell’anno scorso Goffredo De Marchis sullo stesso giornale aveva pubblicato dati allarmanti sul tesseramento del 2014, la segreteria del Pd aveva smentito con sdegno, affermando che non c’era nessun calo. Un anno dopo, la strategia è cambiata. Nessuna smentita stavolta, bensì una rivendicazione: “Stiamo razionalizzando il quadro”, dice Guerini.

Va bene allora, razionalizzatelo sto partito. Puntando, s’intende, “su una struttura più light”, che fa fino e non impegna, e poi c’è sempre la società civile o un bel prefetto che spunterà fuori al momento buono. Basta che però alla prossima discussione – sapete, quando si parla di cazzate su facebook come dice il nostro presidente – non ci venite a rispondere come rispondete di solito: che in fondo è sempre stato così, gli iscritti sono sempre diminuiti e l’organizzazione di partito in stile anni 50 non ha più senso. Continua a leggere

Buridano e altri asini

  • Deplora il presidente Enrico Rossi che “il Pd rischia di diventare come l’asino di Buridano“. Colpevoli, Gianni Cuperlo e Roberto Speranza, rei di aver convocato la loro area politica il 12 dicembre, stesso giorno della Leopolda. Cosicché “un elettore che volesse un po’ annusare la vita del partito” sarà costretto a scegliere, quel giorno: o Firenze, o Roma. Ne conoscete voi di elettori Pd indecisi tra la Leopolda e Cuperlo&Speranza? Io pochissimi, anzi forse pensandoci bene solo Enrico Rossi. L’asino di Buridano, temo, è lui.
  • Solo per amor del vero, però, va detto che Cuperlo e Speranza hanno rinviato la loro riunione, già convocata per il 5 dicembre, dopo che l’iniùs del segretario (ok, l’e-news, ok) ci ha informato che il 5 e 6 dicembre ci sarà una mobilitazione nazionale, coi banchetti, di tutto il Pd. Non so se, come dice qualcuno, lo spostamento di data sia stato quindi “concordato con la segreteria”. Non mi importa molto, e anzi preferirei di no: ognuno convoca la sua corrente quando vuole, Renzi come Cuperlo e Speranza che in questo pari sono. Le iniziative unitarie di partito, invece, prevalgono, che fossero state convocate prima o meno (in questo caso, convocata dopo). Questa per me è la regola, e valeva anche quando la Leopolda era ancora una riunione di scapigliati rottamatori in netta minoranza, mica una passerella di sottosegretari con la pancetta come adesso, e pretendeva di far saltare le iniziative Pd. Altro che rinviare di una settimana per spirito unitario.
  • Infine, pare che alla direzione pd convocata per oggi, ordine del giorno la lotta al terrorismo, si discuterà di una norma anti Bassolino. Bassolisis, oh yeah, il terrore attraversa l’Europa. Dice l’impavida vicesegretaria che “non si può candidare chi è già stato sindaco due volte“, cosa che “varrebbe anche per Renzi a Firenze e Delrio a Reggio Emilia”, mica è una norma ad personam. Varrebbe anche per La Pira, per dire: il Pd non guarda in faccia nessuno. Solo che La Pira, dettaglio, non ha annunciato due giorni fa l’intenzione di candidarsi (come del resto Renzi e Delrio). Anzi, secondo il solitamente ben informato Corriere la norma sarebbe ancora più cogente, così da valere anche per Ignazio Marino: non può ricandidarsi “chi ha già fatto il sindaco”, punto. Tranne gli uscenti eh, tranquillo Fassino: perché in effetti il buon Ignazio non è uscente, è uscito. Ora, premesso che non si capisce perché un ex sindaco che può candidarsi alle elezioni vere non dovrebbe potersi candidare alle primarie. Premesso che Enzo Bianco o Leoluca Orlando dovrebbero decadere immediatamente, e che la candidatura di Rutelli nel 2008 va considerata a questo punto irregolare. Premesso che i renziani al tempo della scapigliatura sarebbero scesi in piazza contro chi, “da Roma”, avesse preteso di “cambiare le regole in corsa”. Premesso tutto questo, ma voi come la definireste della gente che pensa di governare un partito così, cambiando le regole a capocchia a mezzo interviste a Repubblica, col probabile risultato di far candidare Bassolino e Marino lo stesso, però da martiri e contro il Pd? Ogni riferimento al titolo di questo post è, naturalmente, casuale.

Ah, quanto erano tecnici. (Anniversari)

Intanto che il mondo è in lutto, con sobrietà s’intende, si autocelebrano i tecnici: c’è chi può, noblesse oblige, e poi loro sì che hanno agito “per l’italia”, stabiliscono da soli sottintendendo che gli altri, invece. Loro, “scientifici” – peccato quella mezza dozzina di riforme incostituzionali, ma vabbè – e disinteressati alle poltrone occasionalmente capitategli, e un poco risentiti con la patria ingrata, che le loro bellissime riforme “non gliele lasciava spiegare” nemmeno alle feste dell’Unità, dove chi andava sui palchi mica metteva la faccia e si prendeva i fischi al posto loro, noo. “I partiti ci hanno fatto perdere un sacco di tempo”, ricorda infine il sobrio professore. Forse è per questo che poi ne ha fondato uno. Candidando un sacco di gente rapida, va detto. Soprattutto nel cambiare casacca.

Dedicato al professor Monti, con gratitudine pari alla sua.

Non siamo guariti. Un romanzo su Bersani e la malattia del Pd

Qualche giorno fa, a Padova, ho presentato insieme a Flavio Zanonato e all’autore il libro di Antonio Martini La Guarigione (Alba edizioni, 14 euro). Da un po’ volevo parlarvi qui sul blog di questo libro, che nel frattempo è stato recensito sul Corriere del Veneto e che è piaciuto molto a Gad Lerner. Si tratta di un romanzo, ispirato però ai fatti (veri)  avvenuti all’inizio del 2014: la malattia di Bersani, ma anche la caduta del governo Letta e le varie vicende (anche precedenti) del Pd. Se ve ne parlo oggi non è solo perché il libro è finalmente disponibile (per i romani) alla libreria Arion Montecitorio (si può comunque richiederlo direttamente alla casa editrice), ma anche perché in questi giorni mi capita di pensare spesso a quello che ho detto anche l’altra sera: non siamo guariti. Bersani sì, per fortuna. La malattia del Pd però è ancora lì. Anche perché non è stata curata.

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Lettera a Orfini sul complesso del caminetto

Caro presidente Orfini, leggo sul Fatto quotidiano che per la centesima volta, ieri sera da Floris, hai sostenuto che nel Pd di Bersani, quando tu stavi in segreteria, decidevano tutto in pochi “nei caminetti” dei capicorrente scavalcando la segreteria. A me dispiace, caro Matteo, che tu abbia introiettato questa idea di non contare niente nonostante fossi in segreteria nazionale. Peraltro all’epoca non mi sembrava che tu fossi particolarmente sfiduciato, remissivo e umile quando c’era da dire la tua.

Io tutti questi caffè alle otto di mattina di Bersani coi big delle correnti non me li ricordo, ma forse è perché noi giornalisti abbiamo il vizio di andare in ufficio tardi. Però sicuramente ce ne saranno stati eh. Perché vedi, tre o quattro anni fa, per i militanti del nostro partito, il parere di D’Alema, Franceschini, Bindi, Veltroni contava qualcosa (adesso non so, ma non darei per scontato niente: potrebbe essere imprudente). Il segretario lo sapeva, e ogni tanto, guarda un po’, li ascoltava. So che il concetto è difficile da afferrare: un segretario che ascolta gente che non fa parte del suo cerchio magico. Però si può dirigere un partito anche così, prendendosi qualche caffè ogni tanto con le personalità più autorevoli, anziché mandare i messaggini con scritto “li asfalto” ai giornalisti ed espellerle dalle commissioni parlamentari, le personalità più autorevoli, quando non sono d’accordo con te. Continua a leggere

Fassina confonde Bersani con Guerini, oppure fa finta

Sinistra italiana è piena di miei amici, e sono contenta che ci fosse tanta gente oggi al Quirino. Io penso che la questione se uscire dal Pd o no vada un po’ relativizzata. Penso che il partito che nasce e la minoranza Pd avranno bisogno l’uno dell’altra. Avranno più forza se entrambi saranno più forti. Penso anche che alla fine ci si ritroverà. Penso che al Quirino ci fossero molti che vogliono capire, insieme ai tanti convinti ad aderire. Penso che molti di noi non sappiano ancora come voteranno la prossima primavera, figuriamoci nel 2018. Per cui davvero penso che questa vicenda vada gestita con molta intelligenza e apertura mentale, e ho fiducia che così sarà. Continua a leggere

Il ponte sullo Stretto si farà? Boh, ma ecco perché Renzi l’ha detto

Andrea Iannuzzi, amico e collega, mi fa riflettere con un post su facebook. La domanda (di Andrea) è:

Come interpretare la strategia di comunicazione renziana che annuncia “il ponte sullo Stretto di Messina si farà” nel giorno in cui il CdM annuncia lo stato di emergenza perché la città è senz’acqua? Dico sul serio, non può essere casuale e non può non aver messo in conto l’alto rischio pernacchia. 

Ne nasce una bella discussione, in cui ci si interroga se sia davvero Renzi ad aver voluto uscire con queste dichiarazioni (che sono anticipazioni della sua intervista per il libro natalizio di Bruno Vespa) proprio oggi, se sia possibile che invece sia tutto avvenuto per caso, e in cui Tommaso Ederoclite, che conosco dai social come fervente renziano, si affanna a spiegare che “la notizia è ben diversa“, che Renzi in realtà ha detto a Vespa che “dopo, dopo, dopo, dopo e solo dopo si può pensare” di fare il ponte e che insomma il premier ha detto il contrario di quello che i titoli e i social gli stanno attribuendo, e cioè insomma che il ponte sullo Stretto non si farà praticamente mai.

Allora, io penso tre cose. Continua a leggere

La ricandidatura

Ne potrei dire tante, ma forse è meglio di no. C’è una cosa però che proprio mi lascia sbalordita in questo finale della vicenda Marino. Ed è che per “convincere” i consiglieri comunali del Pd a firmare le dimissioni è stato detto loro che chi non firmava non sarebbe stato ricandidato.

Dunque il commissario del Pd romano, alla vigilia del processo per Mafia capitale e dopo il fallimento di questa esperienza amministrativa della città, in mezzo alle macerie del partito, ha garantito a tutti i consiglieri uscenti la ricandidatura. Dunque mentre si cerca un candidato sindaco che faccia il miracolo, magari proveniente dalle fila dei nostri avversari o meglio dirttamente dalla Luna, si apprende che la proposta del Pd alla città sarà la ricandidatura di tutti – TUTTI – i consiglieri comunali.

Squadra che vince non si cambia, insomma. Ma allora a cosa è servito commissariare il partito di Roma scusate? Solo a dividere i circoli in buoni e cattivi, scoraggiando e mortificando anche i militanti buoni? Solo ad avere un sicario che ammazzasse Marino? Per il resto tutto bene? Ho idea che la campagna elettorale per le comunali non stia iniziando col piede giusto.

Campidoglio, Italia. Noi del Pd stamani in quella piazza

Sono stata a curiosare al Campidoglio, stamattina. Sono una giornalista, e sono del Pd. La piazza era piena, non pienissima come avevano sparato nei giorni scorsi. La gente non sapeva bene cosa fare. Avevano i cartelli, con scritto “daje” e “Marino ripensaci” e anche “Renzi stai sereno”. Guardavano verso le finestre. Cantavano Bella ciao e pure El pueblo unido jamas sera vencido. Avevano fatto delle fotocopie col testo.

C’era un gruppetto a centro piazza con le bandiere del Pd. C’erano tre signori che parlavano e uno diceva: “Io dar partito nun me ne vado manco se me pagano. Se lo scordano, questi, che je lascio er Piddì. A me me devono caccià”. Un altro diceva: “Ecciairaggione, sennò je fai un favore”. E un altro ancora diceva: “Essì ma tanto poi quando arriva Verdini che fai, te ne devi andà lo stesso”. E il primo: “Ma un conto è se me ne vado mo’ da solo, un conto è se me caccia lui per fa’ er partito della nazzione co Verdini”. (Ho pensato: se qualcuno vi ha messo qui per darmi speranza di non essere sola, grazie).  Continua a leggere

Ma cosa aveva votato il cdm? (No, non è vero che è sempre successo)

Riepilogando. Ci sono quelli che “eh, ma è sempre successo che una legge finanziaria esce dal consiglio dei ministri in un modo e poi cambia”. Per carità, sì: in parlamento però cambia. Non su facebook.

Perché appunto poi ci sono anche i comici, quelli che “eh, ma Matteo voleva fare così dall’inizio, hai visto che ha spiazzato la minoranza pd anche stavolta, daje Matteo, sei forte”. Sì, come no.  Continua a leggere