Caro Roberto Giachetti, avendo io votato alle primarie per il tuo avversario, Roberto Morassut, e avendo quindi perso dal momento che tu hai vinto, mi sentirei vincolata a votarti come sindaco. Perché questa, e tu lo sai, è la regola delle primarie: chi perde poi appoggia chi vince, se no non ha alcun senso farle ed è sleale partecipare. Giusto?
In realtà tu mi eri anche simpatico, mi ricordo che una volta su un divanetto della camera i primi tempi che eri deputato ci siamo fatti una chiacchierata e alla fine io ti ho detto: “Io ti considero un rutelliano atipico”. E tu hai capito al volo e ridendo m’hai risposto: “E lo so, perché nun te sto surcazzo”. E infatti eri uno che non se la tirava, non eri uno che faceva il prepotente, allora, anche se a differenza di me stavi con quelli che nel nostro partito, la Margherita, comandavano, e comandavano davvero eh. Non ti sarebbe mai venuto in mente, allora, di dire le scemenze che ti sei messo a dire negli ultimi anni, tipo che il capo del partito dovrebbe andare al voto per far fuori tutti quelli che non la pensano come lui. Non le avrebbe mai dette neanche un rutelliano tipico, certe oscenità, del resto. Sono cose che in un partito non esistono, anche se ora sembra che siano diventate normali.
Insomma, dopo le scemenze che ti ho sentito dire in questi anni non è che ti voterei a cuor leggero, però ci sarebbe quel vincolo di lealtà: io quando sono andata a votare alle primarie lo sapevo che dopo avrei dovuto votare per il vincitore, e quindi per te. Ora però vorrei che mi spiegassi cosa diavolo devo fare, visto che apprendo dal Corriere della sera che il senso, addirittura “il senso” della tua candidatura, non una delle possibili conseguenze, non il rischio, non magari il lato negativo ma proprio “il senso” della tua candidatura è “rompere con una parte del Pd e lasciarmela alle spalle”.
Tutto questo perché D’Alema ha detto che forse non ti vota. Io come sai, caro Roberto, non sono mai stata dalemiana, visto che fra l’altro io e te veniamo da un altro partito. Magari ecco considero D’Alema un pezzo della nostra storia e non l’ultimo dei cretini, e lo stesso mi piacerebbe pensare di te. Per cui al tuo posto a D’Alema avrei risposto: mi dispiace che D’Alema consideri non adeguata la mia candidatura, cercherò di convincerlo del contrario ma so che i problemi di Roma sono enormi e nessuno di noi può farcela da solo, spero che quando sarò sindaco vorrà aiutarmi con i suoi consigli. Questo avrebbe detto un politico che vuole vincere le elezioni per conto di un partito. Invece la tua risposta è quella di uno che vuole vincere contro un pezzo del suo partito, contro molti di noi, magari anche contro di me, che sono venuta a votare alle primarie e ho votato per un altro. O forse, di uno che non vuole vincere.
Faccio un po’ fatica adesso a votare per te Roberto. Anche perché non mi va mica tanto di affidare Roma a un fanatico, oltretutto mal consigliato da fanatici come lui.
Condivido appieno quanto scrivi ma forse Giachetti ha diritto ad un’attenuante (bada non scusante). Il compito è veramente arduo e forse quelle dichiarazioni sono dettate dalla paura non tanto di perdere ma di non andare neanche al ballottaggio. Sarebbe una sconfitta umiliante. E allora le alternative sono: votare Arfio o la Raggi visto che pure Fassina ha fatto flop prima ancora di cominciare, oppure non votare o scegliere tra bianca o nulla. Prospettiva terribile. Arfio ride sempre, la Raggi pensa alle funivie, Fassina è evaporato e allora l’unica via d’uscita è votare “il manco tristo” come suggerisce Nicolò Machiavelli, e cioè il meno peggio. Coraggio, se non vuoi votare “per” vota contro, non vedere Giachetti che guarda in cielo invocando “torna Roma, torna” e vota contro Meloni, Raggi e Arfio che sono peggio di Giachetti. A questo punto, non avrei dubbi: voterei Giachetti e Morassut! Saluti, Francesco Carta
cosa intendi dire che quelli comandavano davvero, nella margherita? nel concreto, intendo.
(semplice curiosità, la mia)
intendo dire Rutelli e i rutelliani. specialmente cinque o sei rutelliani. intendo dire che gestivano tutto, dalla cassa alla linea politica. che la margherita era un partito discretamente personale per i miei gusti, anche se non paragonabile al califfato che è diventato il pd di oggi