Il mio “Pensavamo” sull’Espresso. (E il disarmante Rondolino)

L’Espresso mi ha chiesto di scrivere, da bersaniana, perché il Pd “di prima” mi piaceva di più di quello di adesso. La stessa cosa, al contrario, ha naturalmente chiesto a un renziano, nello specifico Fabrizio Rondolino. Su questo dirò qualcosa dopo. Intanto il testo che ho scritto io era questo:

Pensavamo che nessuno di noi bastasse a se stesso. Che nessuno da solo potesse rappresentare tutti. Che stare insieme tra diversi fosse sì faticoso, ma che la somma delle nostre storie facesse più del totale. Pensavamo di essere in tanti a decidere. In tanti e di sinistra, ciascuno a suo modo: declinazioni diverse degli stessi principi. Di costruire insieme il nostro punto di vista sulle cose, scelto da noi non dai giornali di riferimento, dagli amici potenti o dalle tweet star. Ma pensavamo anche che il centrosinistra fosse un campo più largo di noi, dove c’erano altre storie con cui fare amicizia e camminare, altre verità da capire. Pensavamo che il nostro passato non fosse un susseguirsi di fallimenti ed errori fino al momento in cui eravamo arrivati noi. Pensavamo che a chi non era d’accordo non si dovesse dire “e allora vattene, questa è casa nostra”, ma che a costo di andare un po’ più lenti si dovesse cercare di arrivare in fondo tutti insieme. Pensavamo che prendere treni, organizzare feste, stare sui social network non servisse solo a far sapere cosa avevamo deciso noi, ma anche a capire cosa gli altri pensavano che avremmo dovuto decidere. Pensavamo di dover anche un po’ ascoltare.

Pensavamo di non saper comunicare, anzi lo pensavano tutti, ma non era vero: è che comunicavamo bene quello che eravamo, compresa la fatica di esserlo senza prendere scorciatoie e cercando di non raccontare bugie. Pensavamo che si potessero vincere le elezioni senza raccontare favole agli italiani, e che questa fosse la differenza tra noi e gli altri. Pensavamo che la politica venisse prima della comunicazione, questo sì: prima i fatti poi il modo di raccontarli, non il contrario. Pensavamo di essere una comunità: che le nostre regole dovessero essere condivise, che si potesse anche condividere l’idea di derogare a uno statuto purché tutti fossero convinti, impegnati e contenti, che un possibile presidente della repubblica del Pd fosse una vittoria di tutto il Pd, che il Pd non avrebbe mai sfiduciato un presidente del consiglio del Pd o un sindaco del Pd. Pensavamo che il partito non dovesse lasciar soli i sindaci e gli amministratori del Pd, pensavamo di avere i migliori sindaci e amministratori: vincevamo le elezioni amministrative infatti; e diverse volte anche le politiche. Pensavamo che la Costituzione fosse di tutti gli italiani e dovesse unire l’Italia.

Pensavamo di essere rami dell’Ulivo, e che l’Ulivo fosse la ricetta per questo paese. E non c’è nessun motivo per non pensarlo ancora.

Post scriptum. Vorrei aggiungere qualcosa su perché il post di Rondolino più che farmi arrabbiare, come mi sarei aspettata, mi ha lasciata esterrefatta: il fatto è che mentre io parlavo dell’Ulivo e del Pd, e delle cose che abbiamo fatto, anche sbagliando e contraddicendoci, in questi ultimi vent’anni, lui parlava del Pci. Dopo aver esordito con una fulminante citazione di Fabio Mussi ai tempi di  Occhetto – due che appunto nel Pd non sono mai entrati – senza trascurare Guareschi, la Toscana rossa e il Partito con la maiuscola, Rondolino conclude che noi siamo tutti affezionati all’ “orsacchiotto” perché ci garantiva la carriera. Ora a parte che era anche buffo che questi argomenti venissero opposti a me, una che ha votato alle politiche per la prima volta dopo la caduta del Muro, e ha votato per il Partito popolare di Martinazzoli; a parte che sorvoliamo magari sulle carriere di partito; io mi chiedo: forse il problema che ho a capirmi con questa gente non è che sono renziani. E’ che non solo non sono mai entrati con la testa nel Pd, tantomeno provare a capire cosa è stato, ma proprio che non sono mai usciti dal Pci, e dalle loro beghe tra compagni. E per dire quanto sono bugiardi questi giorni bugiardi: loro, rispetto a me, sarebbero “il nuovo”.

Aggiornamento: si avvisano i commentatori che su questo blog non vengono pubblicati i commenti insultanti. Nemmeno quelli che insultano Rondolino 🙂

2 Responses to Il mio “Pensavamo” sull’Espresso. (E il disarmante Rondolino)

  1. Avete sbagliato eccome comunicazione. E non è questione di non raccontare favole agli italiani, principio giustissimo e che mi ha portato a votare il Pd di Bersani nel 2013, ma al tempo del web e della videocomunicazione esasperata si può anche riflettere su come raccontare meglio le proprie verità. Invece il Pd di Bersani, su consiglio di una incapace a dirigere campagne elettorali, si è affidata al silenzio.
    Dare addosso a Renzi, che per inciso ho appoggiato e poi mi ha molto deluso, a questo punto, e da parte vostra, è stucchevole. Per poter portare avanti la propria idea di Paese le elezioni bisogna vincerle, e per vincerle occorre saper comunicare, e non si può affidare una campagna elettorale a una incapace

    • non so chi sia questa incapace che ti diverti a insultare. io non ho mai diretto una campagna elettorale in vita mia. continua a credere ai fantasmi, mi dispiace ma non capirai la politica. ciao.

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