Spigolature. (Cose che penso su Renzi da Fazio, Legnini e Nogarin)

  1. ieri sera da Fabio Fazio, alla domanda su Platì (comune sciolto per mafia e commissariato dove il Pd rinuncia a presentarsi dopo che aveva schierato un anno fa una candidata, benedetta dal premier alla Leopolda, che poi non è riuscita a presentare la lista), Renzi ha risposto parlando di Ercolano. A Platì abbiamo fallito, ma a Ercolano, invece… Mi sarebbe piaciuto che Fazio ribattesse. A Ercolano un sindaco uscente c’era, anche se aveva in giunta qualche indagato, e c’era anche un candidato pd, incensurato e non indagato. Quel candidato non era renziano. Renzi è riuscito semplicemente a far passare un’altra candidatura a lui più affine. Magari migliore, oppure magari no. E credo, per inciso, che il segretario del pd non dovrebbe permettersi di paragonare i suoi avversari interni alla ndrangheta.
  2. visto che il referendum si è politicizzato, il vicepresidente del Csm Legnini fa bene a chiedere cautela ai magistrati, ricordando che il Csm è un’istituzione; ma chi ha politicizzato il referendum? Ci vorrebbe un Legnini della politica, capace di chiedere cautela a un’altra istituzione, che si chiama governo. E probabilmente c’è, visto che sopra Legnini, come sopra il capo del governo, c’è un presidente. Speriamo che trovi il suo Legnini, cioè qualcuno che lo ascolta, anche sull’altra sponda del conflitto.
  3. leggo di piddini scandalizzati perché il sindaco di Livorno, raggiunto da un avviso di garanzia, ha detto che si dimetterà se dovesse prendere atto di aver violato le regole del Movimento 5 Stelle. Nogarin risponde al codice Casaleggio e non alle leggi, è l’accusa. Non mi pare. In base alle leggi italiane, un amministratore raggiunto da un avviso di garanzia non è tenuto a dimettersi; ma un politico raggiunto da un avviso di garanzia giustamente deve valutare insieme alla sua comunità politica l’opportunità di restare o lasciare l’incarico. Non tutte le accuse sono uguali, non c’è niente di automatico, la politica si fa dentro un collettivo ed è al proprio collettivo che se ne risponde; poi gli elettori giudicano. È più o meno quello che, giustamente, dice il Pd quando certe cose capitano in casa sua. Non dovrebbe quindi rimproverare ai grillini di dire la stessa cosa, semmai dovrebbe approfittare per chiedere loro di non usare due pesi e due misure. Cominciando col dare il buon esempio, però.

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