Non solo te la racconto. Ma ti racconto che te la racconto

Ho trovato su Facebook (lo postava, entusiasta di un leader che “comprende il nostro tempo”, il mio amico Mario Rodriguez) questo video, così ho riascoltato questo pezzo della relazione di Matteo Renzi in direzione. Anche nel risentirlo, ho pensato la stessa cosa di quando lo avevo sentito in diretta. Cioè: ma quale popolo contemporaneo accetterebbe di sentirsi dire dal proprio presidente del consiglio che un politico non deve mettere al centro i contenuti, ma la comunicazione?


Siamo un curioso paese, dove a dire queste cose si viene apostrofati come “snob” (sì, “snob”: ascoltate bene. Non ingenui o passatisti: “snob”), ma vorrei provare ugualmente a spiegarmi. Non sto dicendo che un politico debba disinteressarsi alla comunicazione, o teorizzando che un leader non debba avere “un racconto”. Tutti i leader ce l’hanno, un racconto. Anche Pericle ce l’aveva, anche la regina Vittoria, anche Carlo Magno, anche Hitler.
Anche Bersani (tanto lo so che state pensando questo) aveva un racconto eh? Le maniche rimboccate, il collettivo, le radici a Bettola, la birretta solitaria, l’antiretorica del leader, erano un racconto, un messaggio al Pd e sul Pd. Il racconto di Bersani anzi, io credo, era talmente forte da essere diventato un autoinganno: credevamo di avere dietro un popolo, un collettivo compatto e unito sui valori, e questo mito si è sgretolato in un attimo, abbracciando in larga parte un’altra retorica e altri valori. Credevamo che bastasse uno sguardo per capirci con “la nostra gente”, e invece a un certo punto la nostra gente ha smesso di capirci.
Io dico un’altra cosa: dico che trovo assurdo che il messaggio di un politico al suo partito e al suo paese, il suo racconto, sia: “Dobbiamo avere un racconto”. E che oltretutto questo venga apprezzato come un grande elemento di sincerità. Tra le obiezioni che ho sentito sui social quando ho abbozzato una critica mi sono sentita dire: “Preferiresti che non lo facesse alla luce del sole?”. No: preferirei che considerasse la comunicazione come un mezzo, invece di teorizzare che è un fine. Come un metodo per dirci cosa vuol fare, invece che come l’oggetto del suo impegno, invece di quello che vuol fare. Che insomma il nostro presidente del consiglio al centro dei suoi discorsi mettesse la politica (“con noi torna il primato della politica”, do you remember?), non la narrazione sulla politica.
Insomma io, dopo averlo ascoltato ormai diverse volte, posso concludere serenamente che non condivido niente di questo confuso e approssimativo discorso di Renzi, né nelle premesse (l’Isis vince sulla comunicazione, concetto semplicistico e discutibile, che anche al bar troverebbero un po’ “da bar”, il che non significa intendiamoci che io sia così “snob” da negare che l’Isis faccia un uso molto attento della comunicazione), né nello svolgimento (che cosa dice sto spezzone del film Birdman? Boh. Non si capisce), né nelle conclusioni (i politici, noi come partito, dobbiamo occuparci “soprattutto” di comunicazione).
Io penso che se Obama in un discorso pubblico dicesse agli americani “io ritengo mio dovere soprattutto farvi un bel racconto”, gli americani lo rincorrerebbero coi forconi. Perché al loro governo gli americani chiedono fatti, certamente fatti anche comunicati bene. Questo naturalmente non significa che Obama non sappia comunicare o non faccia all’America un racconto (mica è “snob”, Obama). Significa che non va dagli elettori a dire che il racconto è la cosa più importante, che lascia che l’analisi della sua narrazione la facciano i comunicatori, invece di farne l’oggetto dei propri messaggi al paese.
In conclusione questo discorso di Renzi non mi piace, ma non è questo il problema e non è per questo che ho deciso di farci un post sopra. Il problema è perché questo genere di discorso piaccia tanto agli italiani. Che evidentemente non chiedono ai politici di cambiare il mondo, migliorare la loro vita, essere onesti con la cosa pubblica e con coloro che gliel’hanno affidata. Ma gli chiedono di raccontargli una bella storia. E son soddisfattissimi di sentirglielo dire, proprio: “Io ti sto raccontando una storia”. Saperlo, che si stanno facendo raccontare una storia, pensate, li fa sentire molto fighi. Alla faccia di quei quattro snob ai quali piacerebbe una politica sincera, di cui ci si possa fidare. E che ancora si ostinano a crederci. Ce ne sono, eh?

P.S.: Ho visto Birdman. Bel film. Quella citazione di Renzi, adesso, la capisco ancora meno. 

7 Responses to Non solo te la racconto. Ma ti racconto che te la racconto

  1. Il JobsAct di Renzi è solo comunicazione? L’Italicum è solo comunicazione? Gli 80 euro sono solo comunicazione? La riforma del senato e del titolo V sono solo comunicazione? Ora però non mi si venga a dire che la birretta di Bersani era uno storytelling studiato a tavolino. Eddai su.

    • chiarageloni

      caro Fabio, non ho mai scritto né pensato niente di quello che lei mi attribuisce. è Renzi che dice che la comunicazione è più importante di jobs act, italicum e riforma del senato, non io. legga meglio.
      quanto alla birretta di Bersani, era un momento autentico e non studiato a nessun tavolino. lui era andato a scrivere il suo discorso prima di una riunione importante nella sua birreria preferita, un cliente del locale che era anche un blogger gli fece una foto e la postò sui social con un commento genere “guardate che sfigato”. in poche ore, quella foto venne postata e condivisa da moltissime persone accompagnata da messaggi di affetto e di apprezzamento, da gente che si riconosceva in un segretario che si scriveva i discorsi da solo e con la penna e in una persona semplice che si regalava una berretta in un bar, oltre naturalmente a qualche commento negativo. a quel punto la comunicazione del pd decise di cavalcare un po’ questo fatto, che comunque era un fatto virale. quella foto casuale era diventata un “meme”, perché era un vero e autentico ritratto di una persona e di un momento. questi sono i fatti, e non vedo cosa ci sia di male né capisco quale sia l’oggetto della sua critica rispetto a quell’episodio. saluti.

  2. 92 minuti di applausi.

  3. pier michele

    E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. (Martin Luther King)

  4. A me pare che Renzi in questo passaggio dica solo che per avere voti serve comunicare in un certo modo. Da questo punto di vista non troverei niente di anomalo e negativo in questo video se non conoscessi un po (nel mio piccolo) il contesto generale.
    Penso anche io che politica e comunicazione siano due cose diverse, anche se l’una non puo fare a meno dell’altra.
    Il punto non e’ tanto lo storytelling, che infatti e’ vero che piu o meno tutti hanno (anche se c’e’ chi ne fa un oggetto di feticismo, come ad esempio Renzi e molti renziani), ma guardare alla qualita dello storytelling.
    E se io guardo allo storytelling renziano vedo una cosa che non mi piace per niente. Ok, porta voti ma il numero di voti (lo dovremmo tutti sapere) non e’ sinonimo di buona politica. Se guardo allo storytelling renziano io vedo una narrazione iper-retorica, piena di balle, ipocrisie e contraddizioni. Tutto questo, se vogliamo guardare oltre ai voti guadagnati, non puo che avere un impatto negativo sulla cultura degli italiani ed il rapporto con le persone che piu seguono la politica e si informano.
    Per non parlare di tutta la comunicazione non parlata, come ad esempio la schiera di giovani politiche (alcune di queste politicamente decenti) usate allo stesso modo e per gli stessi fini di Berlusconi. Quella dei bei volti giovani televisivi (sia maschi che femmine) e’ proprio per me una delle aberrazioni piu grandi di questo tipo di comunicazione. Gli effetti sono nefasti perche gia ora, dopo alcuni anni di Berlusconi e Renzi, molta gente pensa che la politica sia questa roba.

  5. mah, anch’io l’ho ascoltato e riascoltato… ma non mi pare che renzi dica che “un politico non deve mettere al centro i contenuti, ma la comunicazione”. mi pare che parli dell’importanza della comunicazione e credo che questo sia innegabile.
    poi, però, quando parla del racconto che il PD dovrebbe fare specifica che il racconto deve essere “basato su fatti concreti, non su fatti così, astratti”. per cui, comunque, si torna lì, ai contenuti.
    la questione su cui tutti dovremmo casomai essere più svegli è la capacità di distinguere tra “fatti concreti” e “stronzate che il politico ci racconta”. basti pensare al regime dei minimi per le partite iva: è un fatto concreto? o una presa per il culo, considerato che hai fatto un pasticcio e hai semplicemente rimediato al pasticcio che tu stesso hai creato?

    • e del resto neanch’io ho scritto che Renzi ci racconta stronzate. Ma solo che trovo eccessivo il suo mettere al centro della comunicazione, la comunicazione.
      Il punto è proprio questo: che fare comunicazione non significa per forza raccontare stronzate. E nemmeno significa essere bravi politici, e nemmeno bravi uomini di governo. Politica e comunicazione sono semplicemente due cose diverse (e per me è più importante la prima)

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