Di solito con le raccomandate c’è poco da illudersi, e infatti anche questa era una multa: cinquantaquattro euro e rotti. La multa per divieto di sosta è una specie di rischio calcolato per chi lavora in centro e si muove in motorino; è il parcheggio a pagamento di fatto che la città ci offre a pochi passi dall’ufficio. Siccome però io le multe di solito le pago – così poi non ci penso più e smetto di rosicare – prima di arrendermi affronto il disordine di casa mia, perché il disordine non è un problema, devi solo capirne la logica. E infatti trovo la ricevuta: la multa l’ho pagata.
A questo punto dovrei chiamare il numero verde, c’è scritto. Zeroseizeroseizerosei. Il numero è simpatico, ma hai voglia ad attendere per non perdere la priorità acquisita: dopo un po’ mi arrendo e decido vabè, vado al comando dei vigili.
E siamo a stamattina. Piove di quella pioggia leggera che sembra quasi di no, ma piove eh. Il comando dei vigili ora è a via della Greca, che è uno dei posti più belli di Roma (e quindi del mondo) vicino al Circo Massimo.
Solo che via della Greca una mattina che piove è una specie di istigazione all’infrazione stradale. Un imbuto ingolfato a senso unico, senza un centimetro parcheggiabile (solo posti riservati alla polizia municipale, embè certo), e se arrivi in fondo e non hai parcheggiato sei inesorabilmente sul Lungotevere e non puoi più tornare indietro. Salgo col motorino sul marciapiede e inizio una risalita contromano, conscia che è l’unico modo per evitare un altro quarto d’ora di pioggia per tornare in quel punto. Un vigile davanti al comando dei vigili mi guarda venire lentamente verso di lui e sta pensando a con che faccia sia il caso di dirmi che l’ha notato. Speriamo che sia di buonumore. Sorrido da sotto il casco, faccio la bionda e dico: “Scusi è qui il comando dei vigili? Grazie – aggiungo prima che possa articolare – allora cerco subito di parcheggiare eh”.
Quando torno a piedi lui non è convintissimo di non farmi la multa e intanto mi dice che l’ha già fatta. Punto sul fatto che non sia vero. Gli rispondo che sono qui perché i vigili vogliono che paghi una multa che ho già pagato, lui dice eh, ora ne ha due. Lo guardo triste e lui fa: “Vetrata a destra”. Mi sa che ha funzionato, sparisco.
Vetrata-a-destra dice è vero lei ha pagato ma vede, ha pagato dopo che erano passati cinque giorni, per cui ha ricevuto la notifica e allora deve pagare le spese di notifica. Altrimenti può darsi che non gliele contesti mai nessuno, ma può darsi anche di sì. Sono tredici euro e rotti. E va bene, faccio io. No, non qua! Non può pagare qua. Deve andare alla cassa, viale Ostiense 131.
Motorino, pioggia, parcheggio (non è vicinissimo eh. E piove. Non è come al supermercato, “vado alla cassa”. No, la cassa è a un paio di chilometri). Viale Ostiense 131 è un intero isolato: ci sono bar, uffici, banche, e c’è anche la sede dell’Unità per dire. Dev’essere molto comodo per i colleghi pagare le contravvenzioni, solo che qua ci sono un sacco di posti per i motorini per cui mi sa che non le prendono. Comunque intervisto un paio di portieri e in un tempo ragionevole trovo l’ingresso giusto e poi la “cassa”, che sta in fondo al braccio D (mo’ voi non state a preoccuparvi del braccio D, nel caso vi spiegano). Prendo il numeretto, sono il C59.
Naturalmente è come quando sei in fila al casello e le altre vanno sempre più veloci: chiamano solo i B, gli E e gli F. I C vanno lentissimi, ma dopo un’oretta stiamo al C57 e quindi come si dice quando si gioca a tombola, “sto per due” e già mi preparo a numeretto spianato. A quel punto ci chiedono un attimo di attenzione.
Si è bloccato il server, signori. Ci vorranno dieci minuti, non di più. Al massimo un quarto d’ora, ma proprio se. Il quarto d’ora passa e ci chiedono un altro attimo di attenzione. Non era il server di qua, era proprio il server centrale signori, tutti i computer del comune sono bloccati, arrivederci signori. Potete anche restare eh, noi stiamo aperti fino alle cinque, ma non sappiamo cosa succederà e quando, e coi computer bloccati non possiamo fare niente.
Appena il grosso della rivolta si placa e i primi cominciano ad abbandonare il campo, eludo la vigilanza e avvicino un impiegato (rifaccio la bionda, sì): “Senta io devo pagare tredici euro per una notifica. Li posso dare a lei e lei domani o quando vuole me la paga? Mi dica di sì, la prego. Tredici euro!”. Sorride, gli viene un’idea: “Vada alla posta, prenda un bollettino bianco, ci scriva tutto quello che è scritto su questo bollettino tranne che mette tredici al posto di cinquantaquattro, metta la causale spese-notifica-verbale-numero”.
“E sto a posto?”. “Sta a posto”. Ma deve essere sempre tutto così complicato?, penso mentre motorino-pioggia-parcheggio-posta-numeretto-pagosticazzoditredicieuro.