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I probiviri di via Solferino

In nome (per carità) dei principi liberali e del diritto al dissenso contro tutti gli “stalinismi”, il Corriere della sera oggi equipara arditamente il caso Granata e il caso Veronesi. Il qualunquismo con cui vengono accostate la denuncia di rapporti non chiari con la criminalità organizzata all’interno del Popolo della libertà (denuncia che nonostante gli scrupoli garantisti dell’editorialista di via Solferino non appare del tutto campata per aria) e quella delle condizioni alle quali un senatore del Pd può accettare una nomina al vertice di un’Authority, ma soprattutto il paragone tra le modalità di discussione e la qualità del dibattito democratico nei due principali partiti italiani, può far ridere o può indignare, ma qui vorrei provare a farne lo spunto per una riflessione di fondo.  Continua a leggere

Lo strano nuovismo dei popolari

Che cosa sta succedendo ai popolari del Partito democratico? “Malumori”, “sofferenze” e “malesseri”: la presenza nel Pd della fazione più consistente degli ex democristiani – quella, per intenderci, di osservanza non bindiana né lettiana – viene ormai raccontata con i termini di una diagnosi infausta. È una vecchia tattica da animali politici: si prende un tema del tutto marginale (le infiltrazioni della massoneria), o già risolto e archiviato (il nome delle feste del partito), o palesemente pretestuoso (se sia meglio manifestare contro la manovra in una piazza o in un palasport, se sia meglio fare proposte o limitarsi alla protesta). E non importa se il primo spunto viene offerto da due-casi-due di assessori (forse) affiliati a società segrete, di cui uno, si noti bene, assessore in un comune di 3600 anime; non importa se il secondo spunto è una non-notizia, perché il nome della festa di Roma, vera passerella del potere veltronian-bettiniano e di ciò che restava del rutellismo, in questi anni, non era mai cambiato: festa dell’Unità, e nessuno si era fin qui sognato di contestarlo; non importa se è evidente che non si possono portare decine di migliaia di persone in piazza del Popolo alle tre del pomeriggio alla fine di giugno. Niente: si passa parola, si comincia a martellare, se ne fa una questione identitaria di importanza decisiva. Il successo è assicurato con poca spesa: se chi comanda reagisce, posso dire che ho vinto. Se tutto tace, posso continuare a fare la vittima, con più visibilità.  Continua a leggere