Non sono mica tanto d’accordo con chi chiede al presidente del consiglio di avere il coraggio di fare “riforme impopolari”. Anche perché sospetto che sia un consiglio interessato: Matteo, ora che gli italiani ti hanno dato il consenso, usalo per fare quello che vogliamo noi. E invece no, il consenso è una cosa seria e l’obiettivo di un governo non può essere l’impopolarità. Così come non credo che esistano ricette di governo “giuste” in astratto e impedite da quel fastidioso ostacolo che sarebbe rappresentato dalla democrazia. E però.
Però penso anche un’altra cosa: non si può neanche governare, in tempi difficili soprattutto, facendo credere all’opinione pubblica che sarà sempre qualcun altro a dover fare sacrifici. Per questo, soprattutto nel tempo in cui il #passodopopasso sostituisce l’#adesso e il #cambiaverso, mi suona sempre più stonata la predicazione renziana contro “la palude” e “i gufi”, l’insistere sul “mandare a casa” e “far pagare” chissà chi come soluzione a ogni problema. Non solo perché divide e incattivisce un paese già abbastanza incarognito di suo, e questo non può essere mai un bene, soprattutto per chi governa. Ma perché o un politico riesce a convincere chi lo ha votato (e magari anche chi non lo ha votato) della necessità di uno sforzo corale, e anche di qualche sacrificio, in nome di un obiettivo comune, oppure sarà molto difficile che quel politico raggiunga il suo scopo. A Renzi serve una narrazione più adeguata alla nuova fase, o si fa del male da solo. Mi rendo conto che forse sto chiedendo a Renzi di non essere Renzi, ma in questo caso il problema sarebbe suo, nel momento in cui decide di darsi il passo del maratoneta: o ha il fiato, o non ce l’ha.
Con più tempo per organizzarsi, i “gufi” alla fine possono risultare anche più simpatici degli allegri gelatai. Anzi, mi sembrano già in ascesa.
Su questo (anche) c’è un bell’articolo di Nadia Urbinati oggi su Repubblica.
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