Non so voi, ma io non conosco Luca Ceriscioli, anzi a dir la verità non l’avevo mai sentito nominare fino a ieri. Ceriscioli è un sindaco del Pd, sindaco di Pesaro. Non so se sia un bravo sindaco, ma è stato eletto per due mandati e quindi tra pochi mesi, terminato il secondo, non sarà ricandidabile. Ceriscioli non è un amico mio né un compagno di cordata, ho chiesto e mi hanno detto che alle primarie nazionali ha votato per Matteo Renzi. Bene, Ceriscioli si è candidato alla segreteria regionale del Pd delle Marche. Ha raccolto le firme e ha presentato la candidatura. Ieri quella candidatura è stata dichiarata inammissibile per incompatibilità con lo Statuto del Pd, ai sensi del paragrafo 2 del capitolo 21.
Siccome non ci credevo ho controllato, ed è vero. Se fai il sindaco non puoi fare il segretario regionale. Il capitolo 21 parla delle incompatibilità e definisce anche i criteri per le deroghe, ma le incompatibilità di cui al punto 2, dice il punto 8, non possono essere derogate: la commissione di garanzia, che ha escluso Ceriscioli, non poteva fare altro che quello che ha fatto. Non importa che il giorno della sua eventuale elezione, il 16 febbraio, Ceriscioli sarebbe stato un sindaco con gli scatoloni pronti per il trasloco nel suo ufficio in comune. Non importa che il Partito democratico abbia un sindaco, e un sindaco in procinto di ricandidarsi, addirittura come segretario nazionale. Lo statuto parla chiaro, dice. Peccato che nessuna persona normale lo capisca, dico io.