Non ho candidati presidenti da affossare o da difendere. Ho proprio un problema di orticaria agli argomenti disonesti. Accusare qualcuno di rivendicare posti al sole in virtù della propria fede religiosa è ignobile almeno quanto evocare lo slancio evangelico di papa Francesco per contrastarlo. Non si tratta, per nessuno nel Partito democratico, di voler andare al Quirinale per fare “il presidente dei cattolici” anziché quello di tutti gli italiani. La questione è un pochino più complessa, ed è che il cattolicesimo democratico è una delle maggiori e più ricche culture costituzionali di questo paese. È per esempio quella cultura che ha insegnato ai sindaci cattolici degli anni duemila a dare per scontato che il sindaco agisce nell’interesse di tutti e della libertà di tutte le religioni che sono professate nella sua città. È una delle culture che la Carta costituzionale, di cui il presidente della repubblica è il custode, l’hanno scritta e poi nei decenni preservata. Insieme ad altri, certo. Per cui è perfettamente legittimo dire che dopo un presidente azionista e un presidente socialdemocratico, al Colle potrebbe ora salire un presidente cattolico democratico. Oppure, naturalmente, no. Che mica siamo alle crociate. Però a leggere il pensiero di certi eredi, cadono le braccia. E viene da pensare che una certa cultura politica abbia più bisogno di altre di essere preservata e difesa, indipendentemente da chi salirà al Quirinale.
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