Indice: Articoli

Eddai Pippo, ascolta Civati

(Questo è un post autoreferenziale e senza link per far capire di cosa parlo. Chi lo capisce, bene; chi non lo capisce, meglio)

Lasciamo perdere la questione se sia corretto prendere lo status un po’ greve di una signora dal parlare toscanamente colorito, copiarlo dal suo profilo personale di facebook, conservarlo per mesi e infine esporlo al pubblico ludibrio, insieme alla foto della signora stessa, sul proprio blog, quale esempio delle “contumelie che mi sono preso dai sostenitori del segretario” e del fatto che anche agli “indomiti cultori dell’ortodossia di partito” si dovrebbe chiedere “di venire a dirmele qui, sul mio blog, certe cose. Soprattutto se si tratta di dirigenti”. Continua a leggere

Sulla nuova legge elettorale, ammesso e non concesso

Devo dirvi un paio di cose che penso sulla nuova legge elettorale, ammesso che poi si faccia. Io lo sapevo che andava così. Prima tutti a dire che bisogna cambiare il porcellum, che schifo il porcellum, tutto è meglio del porcellum, se non cambia il porcellum non vado più a votare eccetera eccetera. Ora che forse c’è un mezzo accordo per cambiare il porcellum, eccoli là: è peggio del porcellum. Naturalmente il punto è: è vero, che è peggio del porcellum? Io penso di no. Ma prima voglio dire un’altra cosa. Continua a leggere

Il Papello stranierello

Già i retroscena non andrebbero mai letti, figuriamoci a Ferragosto. Lo scoop del “papello democratico” che infiamma (per poco, in attesa che cose più serie riprendano la scena) le cronache politiche, però, è troppo intrigante e paradigmatica per lasciarla passare sotto silenzio in questo blog cercaguai. Allora, ricapitoliamo.

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La Cosa bianca non c’entra col voto dei cattolici

Un’omelia del presidente della Cei invita i fedeli cattolici a impegnarsi di più in politica e i politici cattolici ad essere coerenti con la loro fede e subito sui giornali si scatena un dibattito tutto politologico: i movimenti al centro, le alleanze presenti e future, le personalità pronte a scendere in campo, addirittura la polemica sui matrimoni gay (stavolta nel Pdl, tanto per cambiare). Perfino il prossimo anniversario della morte di Alcide De Gasperi diventa argomento da retroscena. La confusione è grande, per cui forse giova ripetere qualcosa che si rischia, a furia di darlo per scontato, di dimenticare.  Continua a leggere

Sono in vacanza

Pur non facendo parte in senso stretto della “casta”, ma essendo a tutti gli effetti temporaneamente un “costo della politica”, sento di dovervi quanto segue: sono in vacanza. Resterò una quindicina dei giorni dai miei, nella mia città natale, e andrò al mare auspicabilmente tutti i giorni. Tranne la prossima settimana, in cui Youdem riposa, seguirò il lavoro della redazione grazie a computer e telefonino, ovviamente sempre acceso per le esigenze dei colleghi. Prima di adesso, quest’estate, sono stata al mare altri due week end, sempre ospite dei miei genitori, e in un altro fine settimana mi sono fermata in un albergo sulla spiaggia (a mie spese) per due notti a Senigallia, dopo che avevo partecipato a un’iniziativa alla festa democratica. Non mi lamento eh, ma non mi pare neanche di esagerare.

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I muscoli del capitano – (Titanic, 1982)

Scintillante bellezza, fosforo, fantasia: De Gregori conosce i desideri di una donna sugli uomini meglio di una donna, o forse è più bravo a chiamarli per nome. In realtà sarebbe il capitano che parla, descrivendo la nave, ma è chiaro che tu lo ascolti e pensi a lui, è lui che vedi, dritto sul cassero: il capitano. Molecole d’acciaio, pistone, rabbia, guerra lampo e poesia: questo sì ragazze, che è un uomo. Solo molti anni dopo, a un concerto di lui con Lucio Dalla, capisci cosa ci aveva messo dentro di nascosto De Gregori: la musica di Que sera sera, Doris Day, gli anni cinquanta, la bionditudine e le illusioni da ragazzina: il finale è quasi una citazione. E sospiri pensando che come Doris è un capitano quello che in fondo cerchi: un uomo con le spalle larghe, uno che cammina sui pezzi di vetro.Ma veniamo al punto. Una volta, bisogna sapere, esistevano i dischi. Parole e musica raccontavano una storia, un momento o un periodo, era qualcosa in più di una canzone. Titanic infatti non è solo una canzone, è anche un disco; un disco perfetto però. Non so cosa si pensasse del Titanic, prima (qui si faccia come se avessi scritto da qualche parte “immaginario collettivo”, che io non gliela faccio). Non era uscito il film allora, e neanche tutti quei documentari sul centenario. La storia dell’orchestrina e dell’iceberg erano probabilmente note, ma del marconista con gli occhi di ghiaccio così difficili da evitare non si sapeva ancora nulla, e neanche della ragazza di prima classe innamorata del proprio cappello; o forse sì, certe cose si sanno, e poi la prima classe costa mille lire la seconda cento la terza dolore e spavento: così vanno le navi, e il mondo. Ragazzi che partono, e mamme: che avrai dei figli da una donna strana e che non parlano l’italiano, ma mamma io per dirti il vero l’italiano non so cosa sia. Insomma, c’è tutta la vita e la storia di tutti noi in quel disco. C’è anche Caterina e non ti bastano per piangere le lacrime di tutto il mondo, e c’è Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore, e c’è Belli capelli, il romanesco trasfigurato in poesia e rimpianto. E c’è il rock anni sessanta, e le bombe a San Lorenzo e il papa con le braccia spalancate tra le rovine, e le stelle, e la luna gigante. La vecchia Europa che per provarci andava in America, e l’America che invece è venuta lei da noi. Non saremmo gli stessi, senza Titanic, bisogna sapere.

“Andiamo avanti tranquillamente”, per esempio, non sarebbe la stessa frase.

Nota a margine per il libro “Con le nostre parole” di

Matteo Orfini (Editori Internazionali Riuniti, 2012)

2011, un anno sulla rete

Ogni giorno che passa la rete offre nuove opportunità a chi fa comunicazione. Per noi di Youdem il 2011 – l’anno del boom di twitter, della crisi del “miracolo” wikipedia, dell’irrompere delle notizie nate sui social network nei media tradizionali – è stato pieno di novità e di stimoli. Restiamo una televisione satellitare, ma sempre più dalla rete raccogliamo idee e usiamo la rete per far viaggiare, in pillole, le idee che produciamo. Da ultimo, con l’esperimento del “Diario della manovra”, utilizzando il software Storify, abbiamo provato a integrare tutte le risorse che una grande piattaforma digitale – probabilmente la più grande nel suo genere, in Italia e non solo – come quella del Pd può offrire: i video di Youdem, i materiali del sito, i tweet dei parlamentari. Bilancio positivo: abbiamo fatto informazione in modo nuovo e utile allo scopo, che era di raccontare con assoluta trasparenza il lavoro del Pd in parlamento sul decreto Salvaitalia. Da ripetere. Continua a leggere

In morte di Oscar Luigi Scalfaro

“Presidente, lei nella sua vita ha preso più applausi dai democristiani o dai comunisti?”, gli chiesi una volta pensando alle infinite standing ovation che ogni manifestazione del Pd, il suo partito, o dell’area di centrosinistra riservava a Oscar Luigi Scalfaro. “Indubbiamente la domanda è valida”, rispose il presidente con un guizzo di umorismo dei suoi. Disse che l’affetto che gli tributavano oggi le platee di sinistra non era paragonabile all’entusiasmo di quando era iniziata la sua vita pubblica nella Dc, ma perché era diverso il clima: il dopoguerra, gli anni della ricostruzione, il ricordo del modo “incantevole” in cui parlava De Gasperi gli impedivano di accettare il paragone. Ma sapeva che alcuni dicevano, pensando di insultarlo, che negli anni era diventato comunista: “Ci sono delle persone per le quali è già un premio Nobel che abbiano una valutazione, pretendere che sia anche esatta mi pare eccessivo”, commentava divertito.  Continua a leggere

Perché il Pd non piace ai giornali (non è perché non sa comunicare)

Perché il Pd non piace ai giornali? Alfredo Reichlin ha posto ieri il tema con la solita brutale lucidità: sta diventando un problema di democrazia, non di giornalismo. Non si tratta di recriminare, ma di constatare: il contrasto tra la realtà del Pd e la narrazione mediatica sul Pd comincia a essere un fenomeno su cui è difficile soprassedere. Parliamo di quello che da diversi mesi è stabilmente il primo partito italiano. Che ha visto uscire dalla scena il suo principale e ormai storico avversario, e oggi fronteggia un centrodestra sbandato e in difficoltà. Che ha vinto le ultime tornate elettorali. Il cui elettorato mostra di capire la scelta difficile e responsabile di sostenere un governo di emergenza. Fin qui la realtà, poi c’è appunto la narrazione. Continua a leggere

Conversazione con Beppe Vacca sulla Dc

Parlare della Dc nella storia d’Italia non è diverso che parlare con lui del Pci. Anche se l’intervista fosse su Togliatti, lui parlerebbe di De Gasperi, e viceversa. In un tutto che non è sincretismo o semplificazione: ma è l’Italia, vista da Beppe Vacca. Il direttore dell’Istituto Gramsci ha una lettura “forte” della storia di questo paese. Maturata, e non manca di ricordarlo, insieme a Pietro Scoppola nel corso di quella che fu una vera alleanza accademica – e di una grande amicizia – nate a metà degli anni Settanta. Prima di cominciare mette idealmente in fila i libri che considera fondamentali sul tema: “La proposta politica di De Gasperi”, di Scoppola, “l’Italia dal 1943 al 1992” di Roberto Gualtieri e “L’impossibile egemonia” di Silvio Pons”. “E poi c’è Giovagnoli. Naturalmente io cominciai a studiare la Dc usando la categoria dell’egemonia – spiega –. Per noi la storia è storia politica, analisi dei processi decisionali, come si dice nella cultura anglosassone, o se volete appunto dei rapporti di forza”. Continua a leggere