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Matteo Renzi, un leader senza partito

Ho scritto questo per i giornali locali del gruppo l’Espresso (Il Tirreno, La Gazzetta di Mantova, Il Mattino di Padova, Il Piccolo, Il Centro, La Gazzetta di Reggio, La Gazzetta di Modena, Alto Adige, Il Trentino, Il Messaggero Veneto, La Nuova Sardegna, La Nuova Venezia, La Città di Salerno e altri)

Alla fine, Matteo Renzi ha chiuso la telenovela sulla sua partecipazione alla Festa dell’Unità di Roma nel modo a lui più congeniale: con una trovata comunicativa. Un blitz alla vigilia della data prevista, qualche selfie, una partita a biliardino e niente comizio, con motivazione all’attacco, affidata ai giornali: «Se la vedano loro». Più ancora del curioso fenomeno di un segretario che, invitato alla festa del suo partito, pone per giorni le sue “condizioni” prima di decidere se accettare; che essendo la festa in questione quella di Roma – ed essendo il caso di Roma e della sua giunta guidata da un sindaco Pd in prima pagina su tutti i giornali del mondo – ci tiene a far sapere che però non parlerà di Roma; che infine va alla festa un giorno prima del previsto per premunirsi da “imboscate”, colpisce osservare in rete le foto della serata. Quelle immagini del segretario in mezzo ai militanti assomigliano ben poco a qualunque foto di altri leader in situazioni analoghe, trasmettono freddezza, distanza, forzatura: comunicano estraneità. Continua a leggere

Perché non vuoi Verdini, ovvero: e adesso, pubblicità

Ho conosciuto un ragazzo che lavora nella pubblicità. Dice che quindici anni fa, appena laureato, ha fatto una selezione come creativo ed è arrivato primo, su diverse centinaia. Dice che da allora si è divertito un sacco, ed è pure un bel posto penso, pagato bene. Però non ne può più. Vuole, vorrebbe, andarsene. Dice che il pubblico italiano è cambiato, anzi ve la dico tutta: che è regredito. Che non è più in grado di capire un messaggio un pochino più sofisticato di “compra questo, è buono”, oppure “prendi quello, conviene”. Niente ironia, doppi sensi, suggestioni: sono cose inutili, anzi danno fastidio, spiazzano. Niente messaggi complessi o almeno un pochino sofisticati. Niente creatività. Sennò la gente si confonde, non capisce. “Prendi questo”. “Accattatevillo”, avrebbe almeno detto anni fa Sofia Loren con un bel po’ di malizia, fascino e (auto)ironia: spot audaci a guardarli oggi, cose che non si fanno più. Continua a leggere

La disciplina di partito

Nemmeno Matteo Renzi può tutto: nonostante la riuscita operazione mediatica sulle tasse, il tema delle difficoltà del Pd sul “territorio” e dello stato di tensione che quasi ovunque attraversa il partito non si riesce a far sparire dai giornali. Un po’ forse è anche per ingenuità dei dirigenti Pd, che continuando ad alludere a “strette regolamentari” anti dissenso in realtà non fanno che enfatizzare il problema. Ma forse non si tratta di ingenuità, come vedremo.  Continua a leggere

Mattarelliani da prima

Queste sono le cose che ho detto introducendo la presentazione del libro di Pio Cerocchi “Il presidente – Un ritratto” (Editori internazionali riuniti, 10 euro) che si è svolta ieri alla libreria Arion Montecitorio alla presenza di Pierluigi Bersani, David Sassoli e molti amici, in un’aria di “casa” che è difficile da raccontare, per cui non ve la racconterò. 

Questo libro nasce da una delle epiche, viscerali, spettacolari incazzature di Pio Cerocchi. Pio è un puro, e chiunque abbia avuto a che fare con lui, per lavoro, amicizia o entrambe le cose, conosce benissimo il meccanismo esplosivo, sanguigno, popolare di queste incazzature (la parola “popolare”, qui, gli farà piacere, credo). In questo caso, l’incazzatura scatta il giorno dell’elezione del presidente, quando cominciano le telefonate dei colleghi, che sanno che Pio è stato molto vicino a Mattarella: il direttore responsabile quando il presidente era direttore politico del Popolo. È un momento di grande eccitazione e commozione, nonostante questo tu rispondi (è successo anche a me in quelle ore) e tutti i giornalisti politici d’Italia ti rivolgono la stessa domanda, ovvero: di che squadra è tifoso?  Continua a leggere

Il Corriere e il notizione sulle unioni civili

Grande eccitazione al Corriere. Prima pagina. Renzi farà le unioni civili, perché lui è un tipo che mantiene la parola data. Alla tedesca, le farà. Lo ha promesso e nulla lo farà recedere. Parola di boy scout, e non sarà un Family day a fermarlo. Tenetelo. È una furia, un portento di coraggio, sprezzo del pericolo e determinazione. È così originale, per un cattolico. È così moderno, così abile, così fedele alla parola data.

Ora, sommessamente: le unioni civili alla tedesca sarebbero da anni la posizione del Pd. Unitariamente stabilita. Laici e cattolici, credenti e non credenti. Non è stato facile a suo tempo eh, ma con un  po’ di riunioncine e un po’ di buona volontà, si sono messi tutti d’accordo. Semmai sono i tedeschi che tra un po’, se il Pd non si sbriga, cambiano idea, ma è un altro discorso. Le unioni civili alla tedesca sono nel programma elettorale del Pd, nella carta d’intenti della coalizione Italia Bene comune (al punto 9: Diritti). Però ditelo piano al Corriere.

Anche perché in effetti la notizia c’è. A quanto pare, pensate, i parlamentari del Pd per una volta saranno chiamati a votare per approvare una riforma su cui avevano chiesto i voti in campagna elettorale e per approvare la quale erano stati eletti. In effetti sarà un momento eccitante. Wow!

Su Barca e i democristiani, per fatto personale (e politico)

Prima di tutto, la notizia: no, Fabrizio Barca non ha detto, alla festa dell’Unità di Roma, che la degenerazione del Pd romano è cominciata con l’arrivo dei democristiani (meno male!). Ha detto una cosa diversa, l’ha detta un po’ male, e successivamente, sorta la polemica, l’ha spiegata un po’ peggio. Mio malgrado la cosa mi ha un pochino riguardato, perché venerdì sera, lontana da Roma, visto qualche tweet risentito di amici conosciuti nel Partito popolare, mi ero allarmata e avevo approfittato di twitter per chiedere ai vertici del Pd romano e a Barca stesso cosa fosse realmente stato detto. Barca mi aveva gentilmente risposto, con frasi che il giorno dopo (senza che si ritenesse di citare le domande) sono finite su diversi giornali. Ma io, leggendo quelle risposte e quegli articoli, avevo capito anche meno, e avevo infine pubblicamente promesso che avrei ascoltato la registrazione; cosa che ho fatto immediatamente oggi, appena ripreso possesso del mio divano e di un wifi stabile.

Questa più o meno è stata la conversazione su twitter  Continua a leggere

Le primarie e il partito personale

Ho scritto questo per i giornali locali del gruppo l’Espresso (il Tirreno, la Gazzetta di Mantova, il Mattino di Padova, il Piccolo, il Centro, la Gazzetta di Reggio, la Gazzetta di Modena, Alto Adige, il Trentino, il Messaggero Veneto, la Nuova Sardegna, la Nuova Venezia, la Città di Salerno e altri)

Torna il Renzi 1, basta mediazioni e basta primarie, ha tuonato ieri il premier su diversi quotidiani. Ora, non è chiaro cosa sia il Renzi 2. Tutte queste mediazioni, all’esterno, non si sono viste. Non quando si portava consapevolmente in aula, in anticipo sul calendario, una riforma elettorale che tutti sapevano avrebbe spaccato il Pd (e alla luce dei risultati dei ballottaggi forse si capisce meglio perché molti nel Pd consideravano pericoloso il doppio turno-roulette russa dell’Italicum). Non quando la si approvava con ben tre fiducie. Non quando si sostituivano in commissione, avvertendoli con un sms, una decina di deputati contrari alla riforma. Non quando si liquidavano con un’alzata di spalle le dimissioni di un capogruppo. Non quando si insisteva con una riforma della scuola sgraditissima a insegnanti e studenti. Non quando il governo si rifiutava perfino di ricevere ufficialmente i rappresentanti della protesta, demandando il compito ai dirigenti di partito e confezionava un video il cui messaggio agli insegnanti sostanzialmente era “non avete capito niente”. Insomma, non è chiaro rispetto a quali mollezze del Renzi 2 debba cambiare rotta il redivivo Renzi 1. Ma soprattutto, è davvero difficile immaginare il Renzi 1 che dice: “Ora basta primarie. Dipendesse da me, la loro stagione sarebbe finita”. Continua a leggere

Il silenzio rumoroso del Colle (perché Mattarella non parla, cosa pensa)

Ho scritto questo per i giornali locali del gruppo l’Espresso (il Tirreno, la Gazzetta di Mantova, il Mattino di Padova, il Piccolo, il Centro, la Gazzetta di Reggio, la Gazzetta di Modena, Alto Adige, il Trentino, il Messaggero Veneto, la Nuova Sardegna, la Nuova Venezia, la Città di Salerno e tanti altri)

Dicono i sondaggi che Sergio Mattarella, praticamente uno sconosciuto per i non addetti ai lavori al momento della sua elezione al Colle, sia diventato rapidamente, nonostante i suoi proverbiali silenzi e la sua naturale compostezza (che non diventa mai però freddezza o distacco) il più popolare politico italiano. Con la necessità di fare le prime scelte, la luna di miele comincia ora, inevitabilmente, ad affrontare i primi scogli. Alla fine della settimana in cui ha firmato e promulgato, rapidamente e senza osservazioni, la nuova legge elettorale rocambolescamente approvata dalla camera, il presidente è ora un po’ più solo, alla vigilia di un’altra tempesta parlamentare e politica strettamente collegata all’Italicum: quella sulla riforma del senato.

Si dice che la Costituzione su questo punto è una “fisarmonica”, che ci siano stati tanti modi di fare il presidente quanti sono stati i presidenti. È presto per dire che presidente sarà Mattarella, ma una cosa già si può dire: non riterrà di spiegare e motivare ogni volta, né in via formale né in via informale, i suoi gesti e i suoi atti, convinto che i gesti e gli atti parlano per lui. Se ha promulgato l’Italicum, insomma, è perché ritiene che non vi sia la “manifesta incostituzionalità” di cui parla la Costituzione. Il primo presidente arrivato al Colle direttamente dall’altro lato della piazza, quello della sede della Consulta, sa bene che la storia è piena di leggi promulgate dal Quirinale e poi cassate o modificate dalla Corte. Lui si è limitato a constatare che l’Italicum non ha i difetti (premio senza soglia e liste bloccate lunghe) rilevati dalla Consulta nella sentenza che ha bocciato il Porcellum.

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Una montagna di bugie. (“Le palle no”)

È una sensazione costante, ma a volte appare con una chiarezza quasi abbagliante: altro che Giorni bugiardi. Da due anni, è questa la sensazione, siamo tutti seduti sopra una montagna di bugie, una montagna che diventa ogni giorno più alta. Perché continuiamo a far finta di non ricordare, a raccontarcene di nuove, o a dimenticarci davvero. Per questo si allarga il cuore quando trovi qualcun altro che lo sente, e lo dice. Come è successo oggi, un po’ di volte, mentre scendevo giù per l’Italia in treno. Ma andiamo in ordine.

Dunque, oggi è arrivata una lettera del segretario Matteo Renzi a tutti i coordinatori di circolo del Pd. Per la verità, mi giura una segretaria di Roma (“parola di democratica”), è arrivato un link. Cioè, tu aprivi la e-busta e dentro non c’era la e-mail, ma c’era un link al sito del Pd. Insomma, caro segretario di circolo, se vuoi leggere cosa ho da dirti vieni a mettere un click da me che di fare copia incolla non avevo tempo. Evabbè, non facciamo i rosiconi che sottilizzano pure sul bon ton. Qui mi si è allargato il cuore per la prima volta nel leggere la splendida Michela Cella. Che io per la verità non lo so di preciso chi è, ma da oggi è mia sorella. Scrive dunque Michela su facebook:  Continua a leggere

La sfida di Letta: un’altra narrazione

(questo post è stato scritto per Huffington post)

Non è detto che la vedremo mai combattere, perché in politica, come nella vita, è inutile pianificare, poi succede quello che deve succedere. Tuttavia, quella lanciata da Enrico Letta ieri sera in tv è una sfida. Una sfida al renzismo dominante, a “un conformismo che adesso va di moda”; e una sfida politica ma prima ancora culturale. Non è detto che funzioni, ma è un’ipotesi di superamento di una fase della sinistra italiana. Non è detto che si realizzi, ma è probabilmente la prima volta, dacché Matteo Renzi si è insediato prima al Nazareno e poi a palazzo Chigi, che qualcuno osa tentare. Merita quindi provare ad osservarla attentamente, questa possibile “narrazione alternativa”, ed esprimere qualche primo giudizio su come può funzionare. Cominciando da quella che sui giornali di oggi è “la notizia”, ma come vedremo non è la sola novità. Continua a leggere