Bersani e D’Alema. Tra virgolette

Scusate un attimo eh. Io faccio la giornalista e penso che il mio compito dovrebbe essere raccontare quello che succede, giusto? Ma oggi sono un po’ confusa. Allora, Bersani va a Repubblica tv e, dopo tutto il casino di ieri (che Veltroni aveva detto che non si candidava più, e poi D’Alema aveva detto io mi candiderò se me lo chiederà il partito, che poi è una cosa che D’Alema dice da mesi, per esempio nell’agosto scorso l’ha detto qui ), la prima domanda è: chiederà a D’Alema di ricandidarsi? La risposta di Bersani – copioincollo dall’Ansa – è stata: “Io non chiederò a D’Alema di candidarsi. Io non chiedo a nessuno di candidarsi. Io non sono quello che nomina i deputati. Io farò applicare la regola, chi ha fatto più di quindici anni per essere candidato deve singolarmente chiedere una deroga alla direzione nazionale”. Titolo dell’Ansa stessa, e di tutti i siti: “++ PD: BERSANI, NON CHIEDERO’ A D’ALEMA DI CANDIDARSI ++”. E giù commenti sul fatto che Bersani “rottama D’Alema”.

Passa un’oretta e D’Alema dichiara: “Sono del tutto d’accordo con Bersani: ha giustamente ricordato una procedura che mi è nota, cioè che è l’organismo collegiale che decide. Ha ragione, non spetta a lui e d’altro canto non mi ero rivolto a lui ma al partito”. Titolo di Repubblica: “Bersani: non chiedo a D’Alema di ricandidarsi. La replica: decide il partito, non lui”. In pratica, la descrizione sintetica di uno scazzo terribile tra il segretario e una delle personalità più autorevoli del Pd. Peccato che non solo stessero dicendo la stessa cosa, ma stessero pure dicendo una banalità. Come dice la mia amica Giovanna, infatti, “pensa se il segretario avesse detto che nel caso di D’Alema non si applica lo statuto”.

Allora, facciamo così: io ho capito che siamo nell’epoca di twitter e che i titoli sono titoli e tutto quanto. Però scusate, non potremmo essere un po’ più seri, almeno quando parliamo di un partito serio, almeno nelle intenzioni e nelle regole che si è dato, in cui a differenza che da altre parti dire “decide il partito” non è la stessa cosa che dire “decide il segretario”? Sennò va a finire come m’ha detto prima mio fratello: “Bisogna che sto attento a non dire in pubblico che voglio bene a Bersani. Sennò capace che Repubblica titola ‘Bersani è gay'”.

Nella foto, una recente dichiarazione di Massimo D’Alema sulle primarie del centrosinistra

8 Responses to Bersani e D’Alema. Tra virgolette

  1. Quello di Veltroni é un gesto nobile, ma é una scelta personale e, soprattutto, frutto della sconfitta.
    Ho molto apprezzato questo bel commento, che vi propongo, http://www.orticalab.it/La-scelta-nobile-di-uno-sconfitto
    Il resto é fuffa e voglia di metter zizzania dove proprio non ce n’é bisogno

  2. Dimostrazione, la tua di giornalismo vero! I penni-vendoli sono come i pennu-ti: poco cervello e tanta cresta.

  3. D’Alema a giugno (me lo ricordo perché presiedevo un dibattito ad una Festa Democratica e lo dissi al pubblico, disse che non si sarebbe più candidato.
    Ne dice tante, di cose, D’Alema.

  4. Matilde Madrid

    Chiaragione è il miglior titolo che potessi scegliere per il tuo blog. Perché pure stavolta… Insomma… hai ragione.

  5. …e meno male che gli era andato in casa. Se dovevano basarsi sul sentito dire o sulle voci di corridoio come fa una certa giornalista a quest’ora chissà dove si finiva…

  6. antonio madera

    tutta vera l’analisi fatta.
    ma i protagonisti sanno come funzionano i giornali.
    saggezza imporrebbe di parlare di politica e rispondere a fastidiose domande: decideremo al momento dedicato alle liste.
    rispondere diversamente la fa diventare una Soap
    L’autostima mirabolante degli attori la esalta!
    il conto alla Sinistra!

  7. chiara grossi

    In effetti il problema è proprio questo, si leggono solo i titoli o, al massimo, si ascoltano le rassegne stampa. Deleterio e fuorviante. Comunque così funziona, basta saperlo e non farsi fagocitare dalle quattro parole “strillate” e prendersi il fastidio di andare a leggere…

  8. Filippo Crescentini

    Brava. Cos’altro vuoi che ti si possa dire?

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