Ci sarebbero da dire molte cose. Sulla carcerazione preventiva e sull’uso che se ne fa. Sullo stato di detenzione in casi di evidente difficoltà fisica e psicologica. Sulla necessità di una riforma della giustizia, certo, e sul perché in questo ventennio questa è stata un tabù (sebbene non sia proprio del tutto vero che la necessità di una riforma della giustizia sia un concetto mai affermato da nessuno prima che il Messia della Leopolda lo evocasse una settimana fa: si fa presto a dirlo, e infatti l’hanno detto in tanti, mettendoci dentro anche molte idee buone e giuste come quelle di Matteo, prima che le dicesse Matteo).
Ci sarebbero da dire molte cose, ma io ne volevo dire una sulla società civile. Viviamo nel tempo della Kasta, il nemico pubblico numero uno sono le malefatte e i privilegi dei politici. Su questo assunto hanno prosperato in questi anni – in singolare sintonia – giornali manettari, partiti antipartiti, governi in loden. Annamaria Cancellieri è una figura pubblica figlia e perfetto emblema di questo clima: un prefetto donna, integerrima, servitrice dello stato, sdegnosa nel sottrarsi alle occasioni di arruolamento politico che la stima generale le ha offerto, fino alla folgorazione, maturata durante l’esperienza di governo, per Mario Monti e la sua lista alle politiche: una “Scelta civica” però, che per carità sia mai ci si mescoli con le brutture della politica e dei partiti.
Perché la società civile sì che è sana, la società civile è la parte migliore. La società civile è quella che vorrebbe partecipare se questi partiti plumbei e pieni di carrieristi non occupassero tutti gli spazi. La società civile è quella che se tieni i congressi aperti fino all’ultimo, se consenti a chiunque di iscriversi al partito, se fai le primarie aperte-apertissime-chepiùapertenonsipuò salverà il partito, farà spazio ai giovani, cambierà la politica. Sto andando fuori tema, forse. Ma a me pare che il caso Cancellieri dimostri – come lo scandalo della guerra delle tessere del Pd – che non è detto che il nuovo che arriva sia meglio di quello che c’era prima. E soprattutto che non è detto che sia diverso.
Io non so se Annamaria Cancellieri abbia violato leggi dello stato, probabilmente non l’ha fatto. Non so neanche se dovrebbe comunque dimettersi da ministro per ragioni di opportunità. So che purtroppo, di fronte a un fatto concreto che riguardava persone a lei vicine, ha fatto quello che magari era giusto, ma nel modo e per le ragioni più sbagliate. Si è comportata, spiace dirlo, come Kasta. Un politico avrebbe fatto lo stesso? Forse, magari con meno ingenuità e facendo più attenzione, magari senza chiamare nessuno sul telefonino per mettersi a disposizione e quindi senza farsi goffamente beccare. O forse no, forse non l’avrebbe fatto. Per un diverso, più consapevole, senso di sé e del proprio ruolo.
Perché dico questo? L’ho detto, è solo una nota a margine. È che diffido delle scorciatoie. E quando sento dire “basta Kasta”, non posso fare a meno di pensare che o qualcuno riesce a cambiare l’Italia – ma davvero, ma convincendola davvero che può cambiare – oppure cambiare le persone, l’età media, i curriculum, il look non servirà assolutamente a niente. E mo’ scusate, ma a questo punto m’è venuto in mente Vasco Rossi, che con molte meno parole lo dice molto meglio di me.