C’ero anch’io, a Frattocchie 2.0, quando s’è candidato Peppe Maiello. Prima di dimenticarmi i dettagli importanti, e prima che non ve ne freghi più niente di saperlo, vi volevo dire un paio di cose su com’è andata e su cosa ho capito. Perché ho capito delle cose, anche se al corso di formazione osservavo, non partecipavo, e se ero lì solo per una piccola comunicazione su Youdem.
In breve i fatti, e soprattutto i tempi
Era un’escercitazione, non uno scherzo ai giornalisti. Un laboratorio, non un dispetto a quelli che non c’erano. I ragazzi dovevano fare l’esperienza di una campagna elettorale sulla rete. Formazione si può fare in due modi, sapete: o coi convegni e le lezioni, oppure col metodo esperienziale. Io ho fatto l’educatrice Acr, quindi sono favorevole al secondo per definizione, e curiosa.
Non è che i ragazzi dovessero inventarsi un candidato alle primarie eh. Quella è stata un’idea loro. Allora, sono stati divisi in due gruppi e gli sono stati dati degli obiettivi, gli stessi. Erano due comitati elettorali in gara tra loro, dovevano entrare nei TT su twitter, uscire sui giornali, eccetera eccetera. Il contenuto che dovevano divulgare era la carta d’intenti del Pd. Un gruppo ha preso una via classica, diciamo. Ha ritenuto di attirare l’attenzione con un hashtag ironico, e autoironico, #mancheno, lo ha declinato con creatività, ha ottenuto ottimi risultati sulla rete. L’altro gruppo ha preso, in tutta autonomia, un’altra strada: dopo aver agitato le acque in rete con l’hashtag #xpassione e averlo fatto salire, ha svelato che dietro c’era la candidatura alle primarie di Peppe Maiello. Non un fake eh: un ragazzo vero, uno del gruppo. Che si è messo in gioco con la sua vera faccia e i suoi veri account. Che c’entra la carta d’intenti? C’entra. Perché fin dall’inizio dell’operazione, nel blog creato a sostegno di Peppe, il programma del candidato non era altro che un link. Un link al sito del Pd, pagina della carta d’intenti. Bastava questo per capire, dall’inizio, con un po’ di attenzione. Ma nessuno se n’è accorto. Nessuno. Neanche dopo, quando tutto è stato svelato. E così è partito tutto quel gran casino sulle agenzie e sui siti. Chiamavano Peppe al cellulare, soprattutto dalla Campania, da dove viene lui, e lui rispondeva sì è vero, mi candido, e spiegava perché. La cosa che vorrei far notare è che dalla candidatura di Peppe alla fine dell’esperimento (time out dichiarato dal comitato stesso, che ha capito di essere artivato a un punto di non ritorno) è trascorsa circa un’ora e mezzo. Proprio così, Maiello si è candidato alle 14 e 35. Alle 16 è uscita l’agenzia che spiegava che si trattava di un esperimento di comunicazione. Solo un’ora e mezzo. Prima riflessione: quaranta ragazzi, un’ora e mezzo, bastano per mettere in piedi un fenomeno della rete che finirà pure sui giornali.
Il depistaggio
Ma in quell’ora e mezzo al comitato di Peppe Maiello sembrava la finale dei mondiali, o se preferite la vera war room di Obama. Ora io qui mi fermo un attimo, perché mi dispiace che qualcuno si sia sentito preso in giro. Però: sì è vero siamo stati al gioco, ma nessuno di noi che lavoriamo alla comunicazione del Pd ha diffuso o avvalorato la notizia della candidatura. Abbiamo fatto salire gli hashtag, certo, scrivendo tweet insensati con #xpassione e #mancheno. Io più tardi ho anche rilanciato l’articolo di Repubblica Napoli con la notizia. Ma infatti, la notizia era che su Repubblica Napoli uscisse quell’articolo, non la candidatura di Peppe: mi spiego? Va detto anche che nessuno di noi ha ricevuto telefonate dai colleghi per confermare la notizia, o per sapere se ci risultasse. In definitiva abbiamo giocato, ok. Ma abbiamo giocato con twitter, che fino a prova contraria è un social network, non con la nostra deontologia professionale e con quella degli altri. Seconda riflessione: non è che qualcuno prende twitter un po’ troppo sul serio?
La KASTA offesa delle twittstar
Loro osservavano noi (noi in quanto comunicazione del Pd, non in quanto entità estranea e separata dalla rete, che sennò uuuuuh, chi li sente) ma per una volta anche noi osservavamo loro, gli influencer di twitter. Ok, quando abbiamo visto che cominciavano a cascarci è stato fichissimo, ve lo devo dire. È ignobile, lo so, ma è stato un quarto d’ora fantastico. Però loro sono anche stati bravi e veloci a capire, grazie anche a una piccola fuga di notizie in casa nostra. Lì però è cominciato il coro moralista/indignato del “nonsifacosì” con contorno di ritornello solito, “quelli del Pd non capiscono niente, non c’è niente da fare, guarda che operazione scema di comunicazione hanno messo in piedi”. Invece non avevano capito niente loro, non avevano neanche cominciato a capire che non era per niente un’operazione di comunicazione messa in piedi dal pd. Capita, e capita anche di esprimere giudizi affrettati, per carità. E va detto che in diversi – colleghi e twittstar – hanno interrotto questo mainstream che montava, osservando che i toni indignati non avevano alcuna proporzione col fatto, sdrammatizzando, intuendo anche senza spiegazioni che comunque non si trattava di un gioco malevolo né di una goffaggine comunicativa. Tuttavia, terza riflessione: non è che le twittstar sono un po’ permalose? Abituate a giocare con la rete, si offendono se qualcuno gioca con la rete anche lui senza dirglielo? Non è un po’ una sindrome da oligarchia da social network?
E quindi
Ma tutta sta fatica, perché? Il Pd non ha certo organizzato questo laboratorio per imparare a inquinare la rete o per infastidire i suoi protagonisti. Semmai l’ha fatto per elaborare una sua strategia di presenza. Dice Eugenio Iorio, che coordinava il laboratorio di Frattocchie 2.0, che degli utenti dei social network l’uno per cento produce contenuti e il 19 per cento li fa girare. Gli altri, l’80 per cento, niente. Quindi c’è un sacco di gente del Pd che sta sulla rete in maniera passiva, se si riesce ad attivare quelle persone il Pd non lo ferma nessuno. Frattocchie 2.0 è servito a imparare a mobilitarsi sulla rete? Forse ha aiutato, ma c’è molta altra gente da coinvolgere che non era con noi, anzi gente che è già coinvolta, ma serve organizzazione e gioco di squadra; c’è molto altro da pensare e da fare. Ci sarebbe anche molto altro da scrivere, ma non esageriamo. Solo una quarta, e ultima, riflessione: chi dice che il Pd e i suoi militanti non sanno come si sta sulla rete non sarà un pirla, ma è poco informato. E presto se ne accorgerà.
Cara Chiara,
ho visto solo ora il tuo intervento sul ‘caso Maiello’. Tra l’altro non sapevo nemmeno avessi un blog: mea culpa, ora ti leggerò con più attenzione. Non ci sarei mai tornato se non ti avessi letto, per me era finita lì. Come sai ho vissuto il ‘caso’ in prima persona perchè quel giorno lavoravo, quindi ho lanciato la notizia in agenzia e (lo ammetto) sono stato tra quelli che non l’hanno presa bene. Ti spiego il perchè. Capisco la questione della scuola e dell’esperimento via Internet, la cosa mi piace pure. Però se fosse rimasto tutto nel suo luogo naturale, cioè lo sconfinato ‘recinto’ della rete, l’avrei compreso meglio. E non lo dico per sminuirlo, mi sembrava quella la sua sede. Il fatto è che Maiello è stato dotato anche di un sito abbastanza ‘completo’, con tanto di riferimento dell’Ufficio stampa. Quello stesso Ufficio stampa, contattato, confermava la notizia, forniva particolari e, soprattutto, diffondeva un comunicato stampa alle redazioni. Comunicato che, diciamolo, era un falso (o un fake?) perchè forniva una notizia falsa (la candidatura) e diffondeva dichiarazioni false di Maiello. Poco conta, a questo punto, che Maiello sia reale e non un fake. Cosa tutto c’entra questo con l’esperiemento di Frattocchie ancora non mi è chiaro. A me è sembrato altro: una cosa è una ‘simulazione’ di campagna elettorale, un’altra è puntare a ‘conquistare’ spazi nell’informazione (e farlo, scusa ma insisto, producendo un falso). Credo che tutto si sarebbe risolto al meglio, e nel modo più coerente, se quell’Ufficio stampa avesse spiegato al telefono di cosa si trattatava, se quel sito fosse stato costruito con un taglio meno ‘pubblico’ e se, soprattutto, non fosse mai stato inviato alle redazioni il comunicato con l’annuncio della candidatura.
La questione del ruolo giocato dagli esponenti del Pd che hanno rilanciato, retwittato, commentato (anche quello!) la candidatura non la affronterei qui. E’ complessa, riguarda l’uso della rete e dei social network, il ruolo che hanno assunto per tutti noi e tutti voi (o per tutti loro e tutti noi, diciamo), la responsabilità di chi li usa. Una bella discussione, insomma, che merita altri spazi e che comunque i ragazzi di Frattocchie hanno il merito di aver promosso. Queste le mia motivazioni. Spero di essere stato chiaro.
Ps: ho usato toni e parole forti quel giorno con il Pd (con amici del Pd, per dirla tutta). Non lo faccio mai, ne approfitto per scusarmi. Ma la cosa mi ha preso perchè si incrociavano una serie di questione che, è evidente, mi coinvolgono.
ciao giuseppe! neanch’io avevo realizzato che l’autore della prima agenzia “nazionale” eri stato tu. per il blog niente di grave, esiste solo da poco tempo. mi dispiace che tutta questa vicenda ti abbia spiacevolmente coinvolto, non c’è bisogno di scusarsi credo: chiunque avrebbe reagito come te. però l’apprezzo molto, davvero. non so cos’avrei fatto al posto tuo, nella fretta e sotto la pressione di quella che sembrava a tutti gli effetti una notizia. è proprio come dici: è solo l’inizio di una riflessione che andrebbe fatta, da parte di tutti noi. una cosa sola: maiello non è stato dotato, si è dotato di un ufficio stampa. i ragazzi protagonisti dell’esperimento hanno gestito tutto, da soli, come credo di aver spiegato. a loro non era stato chiesto di creare un evento falso, ma di uscire sui giornali. che abbiano raggiunto l’obiettivo o no, è discutibile: la candidatura di peppe è uscita, ma ha “oscurato” la carta d’intenti. non so se è giusto, che per uscire si debbano inventare cose false, che le cose vere facciano fatica anche se non è vero che tutti “le sanno già”, ma sappiamo bene che funziona così. noi il giorno dopo ne abbiamo discusso a lungo insieme ai ragazzi di frattocchie 2.0, e continuiamo a rifletterci, magari – mi piacerebbe – anche qui. ti aspettiamo 🙂
A dimostrazione del fatto che c’è chi utilizza la rete in modo diverso, e migliore, rispetto a coloro che ritengono di averne l’esclusiva. Grillini e TweetStar per me, pari sono.
…e io che volevo fondà la corrente “voglio sposà Peppe Maiello”…managgia…
è molto interessante osservare come diversi giornalisti e commentatori diffondano le notizie senza il minimo approfondimento. senza un minimo di analisi o controllo. per il resto mi sembra un bell’esperimento, estremamente utile, che inoltre evidenzia aimè anche la superficialità di chi per mestiere (ma anche no) commenta ed analizza.
riflessione numero uno:
il pd ci ha abituato talmente a tutto che anche il primo peppe maiello che si candida viene preso sul serio.
riflessione numero due:
siamo talmente abituati a criticare il pd che qualsiasi iniziativa prenda andiamo di défault e lo demoliamo.
riflessione numero tre:
bei mi’ campeggi estivi dell’azione cattolica ragazzi… guarda che fine hanno fatto, frattochie due punto zero…
Non è una fine bruttissima