Ma davvero il giorno dopo questa catastrofe romana, con le macerie ancora fumanti, tutto quello che il segretario del Pd ha da dire, il messaggio che fa arrivare alla sua gente, ai suoi elettori romani e italiani, è “Ora niente primarie, decido io“?
Ho detto il segretario del Pd, attenzione. Non il presidente del consiglio. Che commissarierà, stanzierà fondi per il Giubileo, fisserà la data delle elezioni: lavoro suo. Ma il segretario del Pd, il partito che ha scelto questo sindaco, che ha governato questa città, che ha visto abbattersi il ciclone Mafia capitale, che ha commissariato il suo sindaco, che l’ha difeso, che l’ha cacciato, non ha nient’altro da dire che questo?
Non sto parlando di ragioni o torti. Non sto parlando di dirigenti da proteggere o da rottamare: sinceramente me ne frega il giusto, arrivati al punto in cui siamo, dei protagonisti di questa vicenda. Sto parlando di una comunità politica, che adesso dovrebbe fare una campagna elettorale se non sbaglio. Sostenere un sindaco, chiunque lo scelga. Esprimere candidati disposti a impegnarsi, anzi a “metterci la faccia” come si dice adesso, vero Matteo? Che le preferenze mica ci andrai tu a prenderle penso. Una comunità che dovrebbe avere un’idea di se stessa, e un’idea per questa città.
Decidi tu Matteo, mettici pure tuo cugino a fare il candidato sindaco se vuoi. Oltretutto non credo che saranno in molti a contenderti questo onore, stavolta. Lasciamo pure perdere tutto quello che dicevi sulle primarie e sulla loro inevitabilità salvifica, tanto abbiamo capito anche prima che ce lo dimostrasse Marino che le primarie possono sbagliare. Ma possibile che tu non abbia da dire alla tua gente nient’altro che questo, “ora decido io”? Possibile che questo partito, ogni volta che attraversa un passaggio difficile (Mattarella escluso, che forse la Provvidenza non ha del tutto dimenticato questo paese) ne debba uscire come un ricettacolo di gente inaffidabile, di voltafaccia e di voltagabbana, come un posto di accoltellatori e di accoltellati, coi morti e i feriti da contare ai lati della strada? Si gestisce così una crisi politica? Si può ristabilire il rapporto tra un partito e una città in questo modo? Può sopravvivere un partito a queste cose? Senza fare mai i conti coi suoi fantasmi, i suoi errori e le sue bugie, e soprattutto senza mai provare a uscirne insieme, come una comunità?
Decidi tu, segretario. Quando sei pronto facci sapere. Però, parafrasando uno slogan che non mi piaceva nemmeno quando piaceva a tutti – e naturalmente adesso non piace più a nessuno – io te lo devo proprio dire: questa non è politica. È decido io.
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