Tanto per cambiare ho discusso con Claudio Cerasa, a proposito dell’intervista di Franco Marini e delle solite cose del Pd. Alla fine lui ha riassunto tutto molto bene, qui. Gemellaggio tra blog, carino no? Io però a questa cosa ci ho pensato davvero, e ci continuo a pensare. Non volevo certo dare a lui, né ai molti altri che irridono chiunque critichi Matteo Renzi, del “fascista”. Il problema è che, appunto, succede così sempre. Successe così anche quando Miguel Gotor, che fino a prova contraria è uno dei principali intellettuali italiani, scrisse un’analisi originale, certo molto critica, a proposito di Renzi su Repubblica. Non è necessario essere un politico dalla carriera lunga, essere nel mirino come sono oggi, a torto o a ragione, D’Alema o Marini o la Bindi. Anche un brillante editorialista quarantenne, se critica Renzi, non sfugge all’accusa dell'”assist”. Ecco, io trovo che questo sia un modo di argomentare tecnicamente non democratico, che blocca ogni confronto e rende impossibile il dialogo. Se ogni critica avvantaggia Renzi, Renzi non si può criticare, e chiunque lo critichi è stupido. Il mio fastidio, di fronte a questo atteggiamento, è perfettamente speculare a quello che provo quando qualsiasi mia obiezione a chi critica il Pd viene tacciata di “stalinismo”, da parte di gente che dalla mattina alla sera dice tutto quello che vuole sul Pd. Credo proprio che il vero stalinismo (se preferite questa parola a fascismo) stia lì. O perlomeno che ci stia molta, molta furbizia.
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La discussione con Cerasa è interessante, come lo è il contributo di Nonunacosaseria.
E’ certamente vero, come sostiene Cerasa, “che in tutti i partiti di sinistra del mondo (specie in quelli europei) esistono due sinistre – con due stili e due culture diverse – che si confrontano tra di loro e che ogni tanto si danno il cambio alla guida del partito”.
Il punto, però, è che Renzi non fa parte di nessuna di queste due culture. O meglio, ne farebbe parte, se non fosse che la sua principale proposta politica, il suo tratto distintivo, è la cultura della cosiddetta rottamazione – che appunto non esiste in nessun altro partito di sinistra (ma direi in nessun altro partito “costituzionale”) nel resto d’Europa. D’altra parte è questa la ragione del suo successo, è per questo che è stato pompato a dismisura dai giornali e dai talk show.
Ci troviamo così, tristemente, di fronte all’ennesima anomalia della politica italiana. Fossimo un Paese normale lo sfidante di Bersani sarebbe Morando, o Ichino, o Enrico Letta (che, come tanti altri, sta con Bersani solo perché l’alternativa è Renzi).
E quindi, fossimo un Paese normale, ci sarebbe una normale dialettica politica tra le due anime del partito di sinistra riformista . E come succede nel Ps francese, nella Spd, nel Labour, avremmo una competizione sana e utile (persino necessaria, direi) tra compagni di partito , che si sfidano nel rispeto reciproco, e soprattutto nel rispetto di un’appartenenza comune. E’ Renzi il primo, non solo i renziani – per rispondere a Nonunacosaseria – a sentirsi un oggetto estraneo a questo Pd; ai suoi “riti”, innanzitutto, ai suoi simboli, alla sua storia*.
Quindi è proprio il fenomeno Renzi, per come la vedo io, il tappo che impedisce questo confronto “normale”. Per carità, Renzi qualche volta parla anche di contenuti, e certamente ha un programma, un’idea di partito, una politica alternative a quelle di Bersani. Ma – mi ripeto – tutto questo è posto in secondo piano, innanzitutto da lui, rispetto alla rottamazione, perché la rotamazione è la sua stessa ragion d’essere.
D’altra parte, fossimo un Paese normale, non ne avremmo viste tante.
*E bisognerebbe ricordargli, forse, che il suo mito Blair – a proposito della differenza tra rinnovamento e rottamazione – ha vinto il congresso del Labour, che è una cosa piuttosto seria: non è arrivato al New Labour sfasciando tutto e insultando quelli che c’erano prima. Ma renzi ne avrebbe la capacità politica?
la tua considerazione finale è ciò che fino ad ora mi ha più bloccato nei confronti di renzi.
per me è tutt’altro che il male assoluto e, tolte alcune posizioni effettivamente eccentriche rispetto al programma del PD, la sua mi sembra una visione compatibilissima con il centrosinistra.
il problema sono i renziani (così come per bersani sono molti bersaniani). ne conosco parecchi, anche personalmente, che gettano badilate di letame sul partito di cui fanno parte, che considerano una provocazione che il PD della loro città faccia un’iniziativa con stefano fassina (che fino a prova contraria è membro della segreteria nazionale: si può essere o meno d’accordo con lui, ma se un dirigente nazionale è vissuto come una provocazione non ci siamo proprio… – non sto facendo un’ipotesi di scuola, sto parlando di un caso effettivamente avvenuto nella mia città), che vedono nipotini di togliatti in ciascun militante di partito non proveniente dalla margherita.
questo è ciò che fa male al PD.
così come fanno male quei bersaniani che soltanto perché renzi si fida di giorgio gori lo considerano come un corpo estraneo.
ma, soprattutto, la cosa che mi lascia perplesso è che tra i renziani c’è gente che sta replicando gli stessi identici comportamenti che contesta a d’alema & c.
ecco, io so che se voto bersani mi prendo rosy bindi e franco marini. ma se voto renzi io voglio gente nuova non soltanto nel nome e nell’esperienza parlamentare, ma pure nei comportamenti. altrimenti, tra l’originale e il clone, mi tengo l’originale…