Io, non so come dirvelo, non vengo dal Pci. Lo so che mi chiamano il direttore della Pravda, e a volte nelle discussioni mi dicono che sono stalinista, che si vede che ho studiato Lenin, che la mia è la tipica doppiezza togliattiana, che rivelo tutto il moralismo ereditato da Berlinguer. Ciononostante, io non c’entro niente. Né io né nessuno della mia famiglia, non ho mai avuto nemmeno uno zio comunista (anche se ne ho uno coi baffi): vengo da una città di anarchici, sono nata in una famiglia democristiana, sono cresciuta nell’Azione cattolica, questa è la verità. Ho alzato il pugno solo una volta, ascoltando La locomotiva insieme alla mia amica Elettra a un concerto di Guccini a Torino, però tutte le altre volte mi ero solo alzata in piedi per cantare, vi giuro. Sono di sinistra eh. Non di centrosinistra, di sinistra. Ma questo è un altro discorso, che non c’entra con le bandiere rosse. Tutto ciò premesso.
Siccome sono tornata da poche ore dalla festa nazionale, che quest’anno si è svolta in quello che i giornali chiamano “il cuore rosso” del Pd e che rispettando la tradizione di Festareggio, così si chiama da prima che nascesse il Pd la festa di Reggio Emilia, si è svolta a Campovolo, fuori città, sotto i gazebo messi in piedi dai volontari e non nelle piazze del centro storico, siccome alle due di domenica m’ha servito il tris di primi nientemeno che il compagno Ulianoff e non sapete quanto gli ho voluto bene che avevo fame e era buonissimo, e siccome ho visto un sacco di amici alla festa, e siccome la sera di sabato qualcuno di quegli amici miei ha pure chiesto a Bonetti di suonare l’Internazionale per cantarla tutti in coro, e poi dopo gli ha chiesto anche di suonare “Udeur verrà”, per riequilibrare, e siccome poi c’era tutto quel rosso sul palco quando parlava Bersani, e qualcuno dice che è troppo, quel rosso, e l’avevano già detto il giorno della carta d’intenti: troppo rosso. Insomma, siccome tutto questo io vi volevo dire una cosa.
Io – nel senso: una come me, per esempio – a questa storia del Pci non ci penso. Non è un mio pensiero, non è un mio problema. Che qualche amico o collega ogni tanto mi dica, come m’ha scritto ieri Enzo: “sembri quasi una compagna oh!” non è cosa che mi turbi, anzi mi fa piacere. Più o meno è come quando io dico a quegli stessi amici o colleghi: “sei proprio un democristiano eh!”. Ci capiamo benissimo, anzi, quando ci diciamo così. Conoscere un signore anziano che si chiama Ulianoff mi fa all’incirca lo stesso effetto che conoscerne uno che si chiama Alcide: mi fa sorridere. E il rosso, tutto quel rosso, è un colore netto e forte che da molti anni nessun partito ha avuto il coraggio di usare (a parte quelli dichiaratamente nostalgici), e che usano tanti partiti nel mondo, partiti di sinistra ma anche i repubblicani americani, un colore caldo e che fa identità e comunità. E le feste emiliane sono quelle dove si mangia meglio e dove mi sento più a casa, salvo le debite e numerose eccezioni. E Bonetti è quello che è stato a Berlino con Lucio Dalla, e poi quando Dalla è morto ha spiegato a Youdem che non era proprio così. E se penso a chi sono i dirigenti del Pd che preferisco, o i giovani emergenti per cui faccio il tifo, o gli amici con cui mi va di andare a cena al ristorante Mauriziano dopo una fila di tre ore perché siamo troppi, il tema “i loro nonni di che partito erano?” mi interessa più o meno quanto il tema “avranno anche loro uno zio coi baffi?”, cioè: niente.
Insomma, io – nel senso una come me – di sto problema del rosso, e dei nomi, e del piccipidiessediessecomedicevaberlusconi non me ne potrebbe fregare di meno al mondo. Che dite, lo rottamiamo?
Il meglio della festa
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Chiara, io ho molti (tanti) anni più di te, ma sono cresciuta nell’azione cattolica, all’ombra del campanile del Duomo di Carrara, ho votato una vita per la DC e poi mi sono sentita dare della “comunistaccia” (sì dispregiativo!) perchè non concordavo con le idee del cavaliere (la miniscola è voluta)! Ho amici che, a differenza di me, sono stati cresciuti a pane e falce e martello, ma quando parliamo sembriamo nati nella stessa famiglia! Chissà se a loro diranno che sono dei “democristianacci”! Sei brava a scrivere, complimenti, hai espresso al meglio quello che pensiamo noi che siamo diventati di sinistra (centro-sinistra?) più o meno senza volerlo, ma che non ci incanaliamo. Esprimiamo quello che sentiamo!. Grazie Chiara!
Pignolando ancor di più: la v di Ulianov (il cognome di Lenin) si pronuncia f.
Quindi Ulianoff va bene.
Chiara, io invece vengo dal PCI. E gliel’ho fatta l’opposizione alla DC, eh! Ma ora sono talmente in sintonia con certi ex democristiani che mi scappa di chiamarli compagni. Mi ci capisco a volo, hanno le mie stesse reazioni di fronte agli eventi. E mi incazzo quando qualcuno dei miei marca differenze che non ci sono. Ora sediamo fianco a fianco nelle riunioni di circolo, condividiamo gli stessi post su FB e quelle lacerazioni che paventavamo sui temi eticamente sensibili in realtà, se ci confrontiamo con intelligenza, si traducono in belle sintesi, come abbiamo visto. Grazie per questa bella nota, ti voglio bene. No, vi voglio bene, margheritacci!
Margherita a chi??? Io vengo da lontano!
la traslitterazione dal russo vorrebbe Ulianov. Poi l’accento emiliano fa il resto 🙂
azz! vedi che ho delle lacune?
E comunque Alcide è un bel nome. Ecco.
oddio magari un tantino impegnativo 😉