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Le primarie non cambiano verso

Oggi ho scritto questo per i giornali locali del gruppo l’Espresso.

Primarie Pd in Campania, troppi dubbi: servono vere regole

Vince De Luca per la corsa alla regione, ma resta aperta la questione della legge Severino

Ha vinto De Luca, viva De Luca. Anche se potrebbe non finire qui, la lunga partita per la ricerca di un candidato di centrosinistra in Campania. La questione dell’applicazione della legge Severino resta aperta. Ma fermare la macchina questa volta sembra davvero difficile. La vittoria di De Luca infatti è netta, la partecipazione alle primarie è stata più che buona, i casi acclarati di irregolarità si sono mantenuti a livelli fisiologici. Niente a che vedere con il precedente delle primarie napoletane annullate da Bersani nel 2011, per un risultato incerto che i due avversari di Cozzolino, battuti di pochissimo, non vollero riconoscere.

È sempre un po’ così con le primarie: se i risultati non sono inequivocabili difficilmente non ci sono conseguenze, e il motivo è che in genere alle primarie non c’è chiarezza su chi ha diritto di votare e chi no. Continua a leggere

E all’improvviso, tutto si spiega. La “segreteria”

Leggere che secondo i titoli dei siti dei principali quotidiani Matteo Renzi oggi ha convocato “la segreteria”. Capire perché era complicato spiegare l’inopportunità della convocazione dei gruppi parlamentari da parte del segretario del partito. Non sapere se disperarsi più per la democrazia, o per il giornalismo.

 

Il metodo Mattarella è già archiviato (scritto per i giornali Agl)

Due giorni fa ho scritto questo articolo uscito sui giornali locali del gruppo l’Espresso (tra i quali Il Tirreno, che è il giornale che si legge nei bar e che arriva in quasi tutte le case della mia città, e molti altri come La Gazzetta di Reggio, La Gazzetta di Mantova, L’Alto Adige, Il Trentino, La Nuova Ferrara, Il Centro, Il Mattino di Padova, Il Piccolo di Trieste, Il Messaggero Veneto, La Città di Salerno, La Nuova Sardegna e diversi altri). Ve lo ripubblico, anche perché sembra che fosse abbastanza fondato.

Renzi, archiviato il metodo Mattarella

In un anno a Palazzo Chigi il premier ha scelto di comportarsi come capo del Pd solo una volta: per gestire l’elezione del presidente della Repubblica

ROMA. In un anno a Palazzo Chigi, solo una volta Matteo Renzi ha scelto di comportarsi come il capo del Pd, quando è partito dall’unità e dalla forza del Pd per gestire l’elezione al Quirinale di Sergio Mattarella: e tutta l’Italia lo ha definito il suo capolavoro politico. E in effetti è difficile negare la portata del risultato ottenuto dal Pd renziano: una figura autorevolissima al Colle, un partito compatto e soddisfatto di sé, gli avversari ridotti all’irrilevanza o polverizzati dalle loro contraddizioni strategiche. Continua a leggere

Non solo te la racconto. Ma ti racconto che te la racconto

Ho trovato su Facebook (lo postava, entusiasta di un leader che “comprende il nostro tempo”, il mio amico Mario Rodriguez) questo video, così ho riascoltato questo pezzo della relazione di Matteo Renzi in direzione. Anche nel risentirlo, ho pensato la stessa cosa di quando lo avevo sentito in diretta. Cioè: ma quale popolo contemporaneo accetterebbe di sentirsi dire dal proprio presidente del consiglio che un politico non deve mettere al centro i contenuti, ma la comunicazione?


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Rassegna Quirinale/16: epilogo

Sergio Mattarella è un uomo mite, determinato, colto, saggio e una persona di grande rigore e umanità. Sapere che è il nostro presidente della repubblica è pura felicità. Ultime cose da dire, su quanto abbiamo raccontato e letto, dopo qualche giorno di silenzio autoimposto e scaramantico. Sono parecchie, quindi le dirò rapidamente e con scarsa diplomazia.

1) Tra prima e seconda repubblica. Li hanno intervistati tutti, i campioni della prima repubblica, ma io non sono mica tanto d’accordo con questa narrazione di Mattarella come campione della prima repubblica. Nella prima repubblica Mattarella c’era e faceva il ministro, per carità, ma è della nascita della seconda repubblica che Mattarella diventa un protagonista. Continua a leggere

Rassegna Quirinale/13: il parlamento

Le cose stanno così: a differenza di quello che pensano certi giornalisti, convinti che si trattasse di scegliere se mettersi d’accordo con Berlusconi o, mettiamo, con D’Alema, Matteo Renzi sa benissimo che per eleggere un presidente della repubblica servono i voti del parlamento. Siamo ancora una repubblica parlamentare, ebbene sì, nonostante tutto. Per ora. E quindi Sergio Mattarella è il candidato che ha più consensi in questo parlamento tra quelli che Matteo Renzi può accettare (leggasi: “raccontare”).
Penso molte altre cose, ma ve le dico domani. Dopodomani anzi, probabilmente. La parola adesso è al parlamento. La responsabilità è tutta sua. Hanno già fatto due errori gravi, due anni fa. Vedremo stavolta. Ma oggi, nonostante tutto, già l’idea che ci sia ancora qualcosa, in Italia, su cui decide il parlamento, a me mi mette di buonumore. Che ci volete fa’.
Voi potete ingannare l’attesa leggendovi questo pezzo, perfetto, di Marco Damilano sul sito dell’Espresso.

Rassegna Quirinale/11: il nome secco (e il mondo alla rovescia)

“Troppo facile: Fassino!”. Il più veloce a twittare è stato Francesco Cundari, onore al merito. Va detto che su questo terreno anche Graziano Delrio è competitivo, ma se si cerca una personalità “dal profilo alto” allora Piero è indiscutibilmente avvantaggiato. Si cazzeggia, per non morire, in attesa che dopodomani si aprano le urne. E la notizia, sui giornali di oggi, è che il premier avoca totalmente a sé l’onere della proposta, non proporrà una terna di nomi “per non lasciare ad altri interlocutori la scelta” e giocherà tutte le sue fiches in una volta, venerdì sera o sabato mattina, proponendo un nome secco, il “suo” nome secco: prendere o lasciare. Il parlamento lo sappia: è su Matteo Renzi che si vota sabato, nel bene e nel male. Non ci saranno alibi né scuse, la scelta non sarà attribuibile a nessun altro, né in tutto né in parte. È la prima volta, a memoria, che un presidente del consiglio sceglie il presidente della repubblica (la Costituzione a onor del vero prevederebbe il contrario). Ma son dettagli, e poi c’è sempre una prima volta, si sa. Continua a leggere

Rassegna Quirinale/10: Aristotele si rivolta nella tomba

Comincia la settimana decisiva, ma i giornali sono fiacchi. Il borsino di chi sale e di chi scende inizia a dare il mal di mare anche agli stomaci più forti. Le ricostruzioni su cosa successe e come andò le altre volte cominciano a richiedere sforzi di fantasia piuttosto arditi, il povero Fabio Martini sulla Stampa è costretto a inventarsi che anche Bersani fu tra i colpevoli dell’affossamento di Prodi nel 2013, e sono sfide alla logica non alla portata di chiunque; ma almeno oggi possiamo fare qualche tweet contro Fassina (che aveva parlato di responsabilità di Renzi nella vicenda dei 101) accusandolo di essere un bugiardo spudorato. Fu Bersani a guidare il complotto. Lo fece apposta, per farsi fuori.
A palazzo Chigi sembrano preoccupati di sfoltire lentamente la rosa ma senza prendersi la colpa di aver fatto fuori nessun candidato autorevole. Così, dopo aver fatto sapere che Amato è il candidato di un complotto tra Berlusconi e D’Alema contro Renzi (altra sfida alla razionalità e all’evidenza), oggi è la volta di un presunto “veto” di Berlusconi su Sergio Mattarella. Il Pd, naturalmente – si sa – non accetta veti da nessuno. Tuttavia, casualmente o per una coincidenza, si prende atto e si comincia a ragionare su altri nomi, tenendosi pronti a “cambiare gioco all’improvviso”. Tutto assolutamente lineare e consequenziale, come vedete.
Speriamo bene.

PS/1: Leggo che il Pd voterà scheda bianca alle prime tre votazioni. Una scelta non elegantissima alla luce dell’articolo 83 della costituzione, che non dice che il presidente della repubblica si può eleggere in due modi, o alla prima o alla quarta con due maggioranze diverse, bensì, testualmente:
L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
Sembrano sfumature, ma le sfumature contano.

PS/2: Leggo che Civati manda una lettera al Pd in cui dice che candida Prodi invece di partecipare all’assemblea del Pd e chiedere la parola per candidare Prodi. Il che gli guadagnerà molti consensi, immagino, nell’assemblea del Pd. Benedetto ragazzo.

Rassegna Quirinale/9: attenzione, c’è un Patto

Lo spin da palazzo Chigi ieri sera è arrivato forte e chiaro sui telefonini di retroscenisti e capiredattori. Sul Quirinale le cose stanno così, diceva la voce di Matteo: c’è un Patto che condizionerà il voto. Berlusconi, sapete, ha fatto un Patto. Un Patto con Bersani e con tutti i miei avversari, contro di me, per portare Giuliano Amato al Colle.
Evidentemente si trattava di un test, come quelli che fanno alle macchine per vedere quanto è forte il colpo a cui può resistere la carrozzeria. Volevano verificare se c’era un limite: la logica, la verosimiglianza, il ridicolo.
La risposta del giornalismo italiano è stata: ok non c’è problema, lo scriviamo.

E voi che cercavate il candidato anti Nazareno dalle parti di Civati e Vendola. A Berlusconi dovevate chiedere. A Berlusconi.

Rassegna Quirinale/7: i 101

A una settimana esatta dal primo voto, Stefano Fassina – probabilmente esasperato dalle minacce e dai richiami alla disciplina di maggioranza che continuano ad arrivare da pulpiti non sempre titolati – riporta sotto i riflettori il grande rimosso della vita interna del Pd: la vicenda che determinò l’eccezionale rielezione di Napolitano e su cui si concluse drammaticamente la segreteria Bersani.
Secondo Fassina, che come sa chi lo conosce può sbagliare ma sempre per eccesso di generosità e buona fede, “non è un segreto” che fu Matteo Renzi il capo dei 101. La dichiarazione spopola sui giornali di oggi, ma a chi scrive pare che il clamore sia eccessivo. I fatti successivi agli eventi dell’aprile 2013 illuminano con una certa chiarezza quanto è avvenuto. Continua a leggere